GROSSETO – «C’è una frenesia da riapertura delle attività produttive – sottolinea Claudio Renzetti, segretario provinciale della Cgil – che rischia di vanificare in pochissimo tempo i parziali risultati faticosamente raggiunti nel contrasto alla pandemia da Coronavirus. Quasi 16.000 morti e una curva dei contagi che si è stabilizzata ma ancora non scende, dovrebbero indurre alla prudenza tutti quanti. E a non alimentare in modo irresponsabile il desiderio di un ritorno alla normalità che abbiamo ovviamente tutti. Ma nel quale il diritto universale alla salute non può e non dev’essere subordinato ai desiderata di quella parte di imprenditori ai quali preme soprattutto tornare a far produrre. Declinandolo sul versante delle lavoratrici e dei lavoratori ci troviamo in sintonia con quanto ha spiegato in modo chiaro il ministro della salute Roberto Speranza, contraddistintosi, all’inizio purtroppo inascoltato da tutto le forze parlamentari, per lucidità nell’analisi, capacità di gestione dell’emergenza e serietà di comportamenti.
Calma quindi, che la priorità è ancora battere la pandemia. Anche perché non si capisce bene, in questa fase, a cosa servirebbe una corsa contro il tempo alla riapertura di gran parte delle attività produttive. O qualcuno immagina che la gente si precipiterebbe a comprare auto, mobili, elettrodomestici, scarpe e vestiti?
È evidente che la provincia di Grosseto – graziata dal Covid-19 per la propria conformazione e per le sue caratteristiche antropiche, con i suoi pochi contagi – sarà uno dei territori destinati a riaprire i battenti prima di altri; come è evidente che le riaperture non potranno che essere graduali e per selezionate attività produttive e mestieri. Ma è altrettanto chiaro che ancora è presto, e che non è il caso di dare il là né alle riaperture, né alle riunioni di famiglia. Col rischio che i bambini, spesso portatori asintomatici del virus, trasmettano il contagio ad adulti e nonni, facendo ripartire da capo focolai, nuovi contagi, morti ed un inevitabile prolungamento dei fermi produttivi. D’altra parte la corsa alle riaperture dei siti produttivi non ha molto senso, anche tenuto conto delle asimmetrie temporali e di modalità di diffusione dei focolai. Col rischio concreto di produrre beni e servizi che non potrebbero essere ancora acquistati in gran parte del Paese.
Piuttosto, – incalza il segretario della Camera del lavoro – e questa dovrebbe essere la priorità di cui discutere, bisognerebbe preoccuparsi ora di come estendere la Naspi fino al prossimo anno. In un territorio con più di 20.000 lavoratori stagionali, tre quarti dei quali impiegati nei servizi turistici, infatti, bisogna battersi per garantire loro una qualche fonte di reddito che gli consenta almeno di arrivare “poveri ma con dignità” alla prossima stagione turistica del 2021. Dal momento che quella di quest’anno è senz’ombra di dubbio compromessa, e per la gran parte di loro significherà non lavorare o farlo pochissimo.
In un territorio come il nostro, dove secondo un’indagine della camera di commercio di Rimini di qualche anno fa il turismo e il suo indotto generano fino al 30% del valore aggiunto totale, l’estensione della Naspi, quindi, è una delle urgenze da affrontare. Così come serviranno un reddito di inclusione sociale più esteso ed ammortizzatori sociali straordinari anche oltre la ripresa lavorativa. Pena il passaggio allo stato di miseria di molte migliaia di persone, che già sono vicine alla soglia della povertà pur lavorando. Questo – conclude Renzetti – è per noi il mondo reale, cui tutti dobbiamo rimanere ancorati».