Non è ancora arrivato il momento peggiore. Purtroppo. A Grosseto come nel resto d’Italia. Come in Europa.
I segnali sono inequivocabili: in Maremma il conto dei positivi al coronavirus ha inesorabilmente superato quota cinquanta. Da sabato non circolano più treni notturni. Bisogna partire da questa consapevolezza, per darsi il coraggio di cui abbiamo bisogno. Per non commettere altri errori. A partire da quelli di presunzione.
Basterà suonare musica sui balconi, cantare l’inno nazionale tutti insieme, applaudire alla finestra gli operatori sanitari o appendere disegni di bambini? No, non basterà. È lapalissiano. Ma può aiutare a farci «rimanere umani», come recita il famigerato slogan antirazzista coniato in tutt’altre circostanze. Magari sarà la volta buona che lo capiranno anche i “cattivisti” per posa, per adesione politica o per inclinazione patologica. Che nell’attuale frangente conviene «restare umani». Unica strategia di sopravvivenza che ci può far attraversare il Mar Rosso del coronavirus.
Parafrasando l’articolo 54 della Costituzione, per restare umani, da cittadini bisogna agire «con disciplina e onore». Consci del fatto che senza la collaborazione fra le persone all’insegna di comportamenti responsabili gli uni nei confronti degli altri, per nessuno ci sarà la certezza assoluta di salvare le penne. Essendo l’evoluzione del virus un terno al lotto imprevedibile. Dal transito indolore coi sintomi di un’influenza leggera, alla degenerazione in appena due tre ore in una polmonite che richiede l’intubazione e la ventilazione polmonare. Senza alcuna certezza che possa bastare.
Alla fine sarebbe tutto molto semplice. Come dice il testo sacro dell’Ebraismo, il Talmud, «chi salva una vita, salva il mondo intero». Nulla di più aderente all’attuale situazione. Nella quale l’unico ostacolo al dilagare della pandemia da coronavirus è costituito dal rispetto di poche elementari norme di comportamento da parte dei singoli, che devono agire come fossero un unico grande popolo transnazionale. Non certo dai confini statali, mai risultati con tanta evidenza così inutili e aleatori. A meno che non si voglia prendere per plausibile la follia enunciata dal primo ministro inglese Boris Johnson, che predica la sostenibilità sociale di almeno mezzo milione di morti per non fermare l’economia.
Nel frattempo l’ospedale di Grosseto si prepara al peggio, con l’ampliamento a 52 posti letto della terapia intensiva e un nuovo reparto per i ricoveri degli infetti non gravi, con altri 120 letti. E un’azienda del comparto della moda come “Toscano Alta Sartoria”, che si riconverte nella logica dell’economia bellica in produttore di mascherine per uso sanitario. Dimostrando che alla fantasia non ci sono limiti, così come alle strategie di sopravvivenza.
Rimanere umani, in questa situazione, significa anche non cadere nella trappola mentale dell’orgoglio nazionale ferito. Del sovranismo di ritorno (come l’analfabetismo). Perché il fatto che la gran parte degli europei, e dei loro governi, abbiano sminuito i rischi e abbiano troppo a lungo guardato con sufficienza a quel che avveniva in Italia, non ci emenda dalle nostre colpe. Ricordiamoci come abbiamo preso alla leggera quello che avveniva in Cina, non preoccupandoci nemmeno di esprimere un minimo di solidarietà o di mobilitarci per dare una mano. Se non altro per capire egoisticamente cosa stava succedendo laggiù. Ricordiamoci di tutti gli errori di sottovalutazione che abbiamo commesso. Delle indegne scene di esodo da nord verso sud, alla ricerca di una salvezza effimera e impossibile; con l’esito nefasto di disseminare lo stivale di nuovi focolai infettivi. Finché, nostro malgrado, come comunità siamo stati costretti a prendere atto dell’ottusità cristallina dei nostri comportamenti. Cominciando appena all’inizio della settimana scorsa ad avere atteggiamenti virtuosi, rispettosi delle direttive delle autorità pubbliche.
Nemmeno la gaffe insopportabile di Christine Lagarde, presidente della Bce, in questo senso, ci autorizza in alcun modo ad abbandonarci al senso di rivalsa nei confronti dell’Europa. A pensare che ora “finalmente” toccherà anche a loro provare «il morso del ciuco». Se non altro, perché l’Europa siamo anche noi. Perché se anche gli altri popoli europei non troveranno la strada per arginare il contagio, non usciremo dall’incubo nemmeno noi. Dal momento che l’illusione dell’involucro protettivo dello Stato-nazione ci preservi dalle piaghe bibliche dell’età contemporanea, si è anche stavolta ampiamente dimostrata fallace.
Oggi più che mai, alla fine, l’unica strategia perseguibile e vincente è «restare umani», e preoccuparsi anche della sorte degli altri. Sempre e comunque. Non pensando nemmeno per scherzo che la salvezza dal flagello del coronavirus sia un destino individuale.
Solo così dimostreremo rispetto per quelli che in questo frangente sono la vera classe dirigente diffusa del Paese stremato. Che ci consenteno di sopravvivere chiusi in casa aspettando che passi “a nuttàta”. Medici, infermieri, operatori sanitari, addetti alle pulizie, forze dell’ordine, pompieri, camionisti, operatori ecologici, addetti alla grande distribuzione……Per tutti loro meno applausi. E più comportamenti coerenti. Rimanendo orgogliosamente umani.