GROSSETO – Nel 2018 il valore della produzione del comparto chimico e petrolifero toscano ha raggiunto i 2,9 miliardi di euro, segnando un +19% rispetto al 2017. Ha occupato 3.675 lavoratori fra diretti e indiretti e utilizzato una quantità di materie prime paria a circa 5,8 milioni di tonnellate (+2% rispetto al 2017). È la fotografia che emerge dalla ventesima edizione del Bilancio di sostenibilità del comparto chimico e petrolifero toscano, cui hanno aderito tredici imprese delle Confindustrie della regione. Il bilancio di sostenibilità di uno dei settori strategici dell’economia toscana, che produce e mantiene all’interno del territorio di riferimento gran parte della ricchezza economica generata, è stato presentato oggi – giovedì 28 novembre – a Firenze, nell’evento “Chimica come leva per la sostenibilità” organizzato da Confindustria Livorno Massa Carrara, in collaborazione con Federchimica, Confindustria Toscana, Confindustria Toscana Nord, Confindustria Toscana Sud e Unione industriale pisana, in occasione nel 150° anniversario della tavola periodica degli elementi chimici. Le imprese partecipanti all’edizione 2018 del bilancio di sostenibilità chimico e petrolifero sono Altair Chimica, Costieri D’Alesio, Costiero Gas Livorno, Cromology Italia, Eni SpA Refining & Marketing Raffineria di Livorno, Ineos Manufacturing Italia, Neri Depositi Costieri, Nuova Solmine, Prysmian Cavi e Sistemi Italia, Solvay Solutions Italia, Termisol Termica, Toscopetrol, Venator Italy.
«L’attenzione del sistema industriale verso la responsabilità sociale e la sostenibilità – ha affermato Dario Lolini, responsabile della sezione Chimica e farmaceutica di Confindustria Toscana Sud – è ormai consolidata, ed è testimoniata da oltre vent’anni di rendicontazione volontaria. Il sistema produttivo del comparto chimico investe costantemente per garantire la compatibilità ambientale delle produzioni e per sviluppare nuovi prodotti e processi a ridotto impatto ambientale. È la conferma che l’industria è una reale opportunità. Riveste quindi un ruolo strategico in quanto produce beni intermedi che vengono poi impiegati per la produzione di beni finali e che riguardano tutti gli aspetti della vita, dal tempo libero alla mobilità, dalla comunicazione all’igiene e alla salute: tutti i prodotti di uso comune esistono e hanno costi accessibili proprio grazie alla chimica. L’Italia, oggi, rappresenta il secondo paese manifatturiero a livello europeo e settimo a livello mondiale, proprio grazie al connubio indissolubile di teoria e pratica, grazie alla preparazione scientifica che tutti i nostri addetti hanno all’interno delle nostre aziende e che le rendono delle eccellenze a livello europeo e mondiale».
«Le imprese toscane dimostrano ancora una volta quanto siano da sempre disponibili a investire in trasparenza e sostenibilità economico-sociale – sottolinea Alessio Marco Ranaldo, presidente di Confindustria Toscana –. Il bilancio del settore chimico e petrolifero contiene elementi e spunti di grande interesse e ci auguriamo possa essere esteso ad altri settori produttivi, in modo da contribuire a meglio esprime il valore sociale dell’industria per il territorio regionale. È importante che progetti di questo tipo trovino il convinto sostegno della Regione e degli enti territoriali».
La grande attenzione ambientale è testimoniata anche dal 60% di fabbisogno di consumo energetico autoprodotto dalle aziende a fronte di un solo restante 40% soddisfatto dall’acquisto di energia elettrica e nelle 6.100 ore di formazione ai propri dipendenti dedicate alle molteplici tematiche ambientali. Nel 2018 il valore aggiunto delle imprese toscane del comparto chimico e petrolifero è stato di 217,6 milioni di euro. Di contro il valore economico per il territorio, cioè le spese sostenute dalle aziende del comparto per personale, imposte e tasse locali, patrimonio industriale e le liberalità sono state di circa 305 milioni di euro, segnando un +9% rispetto al 2017. Ben 12,3 milioni di euro sono stati gli investimenti effettuate dalle imprese per l’Industria 4.0 nel corso del 2018, mentre le spese per il patrimonio industriale (investimenti, manutenzioni, efficientamento energetico, sicurezza) sono state 161 milioni di euro. Il bilancio offre anche una chiara fotografia della sostenibilità sociale delle imprese dove l’81% dei dipendenti diretti è assunto con contratto a tempo indeterminato e solo il 19% a tempo determinato. Ma racconta anche della solida tenuta occupazionale, testimoniata dalla elevata anzianità aziendale dei dipendenti, il 57% di loro infatti è presente in azienda da più di 10 anni.
«Le aziende del settore hanno a cuore il futuro dei giovani e lo dimostrano le 83 iniziative didattiche attivate nelle scuole e nelle università nel 2018 – ha concluso Elena Mannucci, portavoce del gruppo di lavoro del bilancio di sostenibilità 2018 –. Spostare le nuove generazioni dalla difesa all’attacco, ovvero dalla condizione di soggetti da proteggere a quella di cittadini attivi nel conquistare un futuro sostenibile, significa imboccare un virtuoso sentiero di crescita che produce ricadute positive per tutti».