GROSSETO – Quando sarà il momento di tirare una riga e fare di conto, il 2019 risulterà un anno di passione per il turismo maremmano. Conseguenza dell’acuirsi degli scricchiolii che qua e là erano già risuonati sinistri lo scorso anno. Oramai è chiaro, anche se come di consueto in questa fase tutti mettono la sordina all’ansia che pervade il mondo degli operatori. Altalenanti tra lo stato d’animo disperato e quello dell’ottimismo di maniera, che vuole comunque il bicchiere mezzo pieno.
A spanne la situazione che emerge è quella di un calo visibile delle presenze, con una decisa contrazione del periodo medio di permanenza e la parallela diminuzione della spesa pro capite. Per la prima volta da anni, infatti, non è raro imbattersi in camere e appartamenti ancora liberi in pieno agosto. Dopo un luglio che ha visto le strutture ricettive fare il pieno, o quasi, solo nei fine settimana.
In particolare salta all’occhio un accorciamento drastico dei pernottamenti, con le strutture ricettive che hanno rimosso i limiti alle prenotazioni al di sotto dei tre giorni. Costrette ad agosto iniziato ad accettare prenotazioni last minute anche di una sola notte per tenere le camere occupate.
La “pandemia” che decima i turisti, inoltre, sembra interessare tutte le tipologie ricettive: dagli agriturismi – 1.126 in provincia di Grosseto nel 2018 – alle 309 strutture alberghiere, fino alle 1.777 strutture ricettive extralberghiere (compresi gli agriturismi). Un comparto pesante che associa 2.085 esercizi per quasi 36.000 camere e 104.000 posti letto.
Fin qui il cosiddetto sentiment degli operatori. Dopo di che si apre il vaso di pandora dell’interpretazione delle cause di questo contesto congiunturale. Ad andare per la maggiore la considerazione che quest’anno, ancor più che nel 2018, si sono riaperti alcuni mercati nell’area del Mediterraneo, dalla sponda ex jugoslava dell’Adriatico alle destinazioni nordafricane. Facendo venire meno quel “vantaggio competitivo” che nel 2017, e in parte nel 2018, aveva convogliato molti turisti sull’Italia in conseguenza dell’ondata di attentati terroristici. Questo è senz’altro vero, ma è anche in buona parte un’argomentazione autoconsolatoria. Che indulge con troppa bonomia sui ritardi di un comparto che con ogni evidenza non riesce a muoversi in una logica integrata di sistema.
Altra spiegazione alle difficoltà del mercato turistico estivo, questa più facile, è il crollo del potere d’acquisto delle famiglie tradizionali, che costituiscono il nocciolo duro dei consumi turistici maremmani. Il quale oltretutto ha una quota di stranieri sensibilmente più bassa che in quasi tutto il resto della Toscana. Una tendenza cui fa da pendant il clima d’incertezza sulle sorti economiche dell’Italia, ma anche l’abitudine sempre più accentuata a frazionare i periodi di vacanza durante l’anno. Con conseguente taglio della permanenza media. Fenomeno che si è già manifestato negli anni scorsi sotto forma di incremento degli arrivi e diminuzione delle presenze; fino a perdere nell’ultimo decennio una giornata rispetto alla media dei pernottamenti in struttura. Un mix bestiale che ha come effetto quello di ridurre la spesa media pro capite, soprattutto per le spese accessorie all’ospitalità. Insomma, meno consumi turistici. Cosa che non promette per niente bene in chiave di Pil (prodotto interno lordo). Considerato che quella turistica è nella nostra provincia una componente determinante della domanda interna per consumi.
Infine, a spiegare la crisi ci sono le tradizionali lamentazioni: poca programmazione, mancanza dei parcheggi, tasse troppo alte, Ambiti turistici omogenei farraginosi, Comuni in ordine sparso su imposizione e modalità d’impiego della tassa di soggiorno. Tutti problemi reali, ma che si ha l’impressione netta vengano sollevati in modo strumentale a scaricare ogni responsabilità sulla parte pubblica. In un gioco delle parti le cui regole d’ingaggio prevedono come prassi aurea lo scaricabarile.
Un altro argomento autoassolutorio, in questo quadro, è che le cose non stanno andando benissimo un po’ in tutta la Toscana, in particolare nel comparto balneare. Omettendo così di fare i conti coi gap strutturali di un modello di offerta turistica che mostra la corda.
Di sicuro c’è che, in assenza di un sistema dell’accoglienza rodato e con regole condivise, a fare la differenza sono la capacità imprenditoriale e quella gestionale delle aziende. E la loro capacità di tenere un rapporto equilibrato tra qualità e prezzo. Così come sembra acquisire una maggiore importanza la capacità d’intercettare nicchie turistiche sempre più specializzate, e possibilmente a maggior valore aggiunto. Dal cicloturismo al diving, dall’escursionismo ambientale al turismo gay friendly, solo per citarne alcune.
Ad ogni modo, per una destinazione balneare “generalista” come quella della provincia di Grosseto, che ovviamente sconta una vasta concorrenza nazionale e internazionale, diventa ogni giorno più vitale mettere a punto una strategia condivisa fra operatori e soggetti istituzionali. Ma soprattutto fare squadra in una logica industriale. Perché oggi il turismo che macina utili, è una vera e propria industria.
Se ne parla da sempre, e non si conclude da mai. L’impressione netta è che quella del 2019 sia l’ultima estate utile. Dopodiché si salveranno solo i più bravi o i più garantiti.