GROSSETO – La mattina del 16 gennaio 1989 nella sua casa di via degli Aiali a Roselle, moriva il poeta contadino Morbello Vergari. Aveva 68 anni. Era nato a Santa Caterina di Roccalbegna il 28 Dicembre 1920 , di seguito il ricordo del Coro degli Etruschi e della Pro Loco di Roselle e Batignano.
«Figlio di Candido e di Giustina Baccetti – racconta la nota – era il primo di otto figli. Le difficili condizioni di vita di quegli anni portarono la famiglia, a trasferirsi nel villaggio minerario di Baccinello dove il padre va a fare il minatore e dove Morbello frequenterà le prime tre classi della scuola elementare che rimarranno i suoi unici studi scolastici. Arruolato in Cavalleria, il 4 Gennaio 1941 Morbello parte militare; sarà inviato sul fronte dell’Albania. dove dopo l’8 Settembre 1943, verrà fatto prigioniero dai tedeschi e deportato in Cecoslovacchia, nel lager di Dalvitz presso Karlsbad. Tornerà a casa il 25 Giugno 1945.
I Vergari, seguendo un destino comune a tante famiglie di agricoltori, si sposteranno in vari poderi sino ad approdare, nel 1955, al podere “Mota” nell’area della città etrusco-romana di Roselle.
L’incontro di Morbello con la terra rosellana è determinante per la sua vita; i reperti archeologici che affiorano dal terreno che lui stesso lavora, lo stimolano a conoscere la storia e ad approfondire, da autodidatta, le proprie conoscenze. L’area di Roselle nella quale si trova il podere, lo mettono in contatto con giornalisti, scrittori, musicisti, archeologi… personaggi che salgono agli imponenti ruderi della città; in quegli anni conosce Carlo Cassola, Luciano Bianciardi, Aldo Mazzolai, Giuseppe Guerrini, Fenenna Bartolommei ed altri esponenti della cultura grossetana. Partecipa alle campagne di scavo archeologico con interesse, svolgendo volontariamente il ruolo di guida per i visitatori, finché diviene il naturale ed ideale custode di Roselle, incarico che svolgerà per il resto dei suoi anni».
«Nel 1962 incontra Giovanni Guastavigna – prosegue la nota – insegnante di storia e filosofia al Liceo Classico Vittorio Alfieri di Torino, che lo sprona nella sua attività di scrittore e poeta e lo mette in contatto con la rivista torinese “Voci nuove”, nella quale verranno pubblicati i suoi primi testi poetici. Nel 1964 vedrà la luce il suo primo libro di poesie “Versacci e Discorsucci” (Edizioni Voci Nuove -Torino), con il quale vincerà in quell’anno il 1° Premio Letterario “Città di Torino”. Ormai la sua vita di scrittore è segnata. Nei primi anni ’70, con l’amico Corrado Barontini, inizia una fruttuosa collaborazione che li porterà a compiere una consistente ricerca nel settore della cultura popolare maremmana. Il libro “Canti popolari in Maremma” (con le trascrizioni musicali di Finisio Manfucci) costituisce un momento importante nello studio delle tradizioni canore della Maremma e nel 1975 sarà la cantante folk Caterina Bueno a presentare questo volume. Un importante incontro è quello con l’editore Giovanni Tellini di Pistoia che curerà la pubblicazione di molti suoi lavori consentendogli di essere conosciuto ed apprezzato come autore. La sua popolarità è legata anche al Coro degli Etruschi, da lui stesso messo insieme, con il quale sarà presente in diversi spettacoli e rassegne di musica popolare e comparirà in trasmissioni televisive sia di TV private che della RAI (da ricordare “Dalle parti nostre” trasmissione curata da Leoncarlo Settimelli andata in onda su Rai1 nel 1977). Nel 1985 interviene alla trasmissione su RAI TRE : “Luoghi Etruschi in Toscana: Roselle”, regia a cura di Silvio Bernardini».
«Il personaggio Vergari – dice ancora la nota – al di là dei suoi lavori letterari e di ricerca, lo si apprezza negli atteggiamenti ironici presenti nella sua scrittura, nella carica vitale con cui spesso è riuscito ad animare gli incontri ed i rapporti con coloro che lo frequentavano. Molte burle sono argomento delle sue poesie. Il gioco e l’ironia diventano per Morbello forma letteraria ma anche materia viva in grado di rappresentare il mondo contadino dal quale proveniva. Nei suoi testi poetici, troviamo personaggi e situazioni che hanno un loro fondamento nella battuta che li rappresenta. Lo scherzo diviene un modo di vivere e di esprimersi, un modo di essere che ha permesso di superare le regole rigide del quotidiano, mantenendo i rapporti su un piano di semplicità ma anche di affetti profondi».
«Ammalatosi nell’estate del 1988 – conclude la nota – pur essendo ricoverato all’Ospedale Civile di Grosseto, inizia la stesura di un quaderno su: “Proverbi e cure selvatiche”, rimasto incompiuto. Nello stesso anno termina la stesura della commedia: “Li sposi di San Bisognino” che verrà pubblicata postuma. Dalla sua scomparsa, avvenuta trent’anni fa, sono state realizzate molte iniziative per ricordarlo e valorizzarne l’opera letteraria. Proprio il 6 gennaio di quest’anno agli Scavi di Roselle gli è stata dedicata una quercia secolare che porta il suo nome così come dal 2009 gli venne intitolata la scuola elementare di Roselle»