La “mossa Kansas City”(1) arriva a Natale. Con l’anno economico chiuso dalla “solita” classifica del Sole 24 Ore, che pare mettere una bella pietra tombale sulla fossa nella quale la provincia di Grosseto s’è adagiata senza accorgersene ormai da tempo. Ovverosia da tre anni a questa parte, dal momento che Maremma e Amiata grossetani in vent’anni di graduatoria sulla “Qualità della vita nelle province d’Italia”, non erano mai scesi sotto il 40° posto (nel 2001) su 107 province.
Il momento del brusco cambio di status socio economico con lo scivolamento nella parte bassa della seconda fascia delle province italiane – a un passo dalla terza con le peggiori, quasi tutte del sud e della Sardegna – è il 2016. Quando la provincia di Grosseto scende al 51° posto (dal 30° dell’anno precedente). Nel 2017 passa al 53° e quest’anno collassa al 66° piazzamento. Il peggiore in vent’anni, appunto. Da notare che 2016 e 2017 sono stati gli anni della definitiva fuoriuscita dal tunnel della recessione/stagnazione. Mentre sul 2018 hanno evidentemente pesato l’inizio del rallentamento della crescita mondiale, che però incide poco in una realtà a bassissima propensione all’export, e la brusca frenata della domanda interna dovuta ai lunghi mesi d’incertezza politica seguiti alle elezioni del 4 marzo. Le province della Toscana nel complesso, peraltro, perdono tutte qualche posizione e nessuna è fra le prime venti in Italia.
Detto questo, come ha saggiamente sottolineato il decano dei demografi italiani Massimo Livi Bacci in un’intervista al Corriere Fiorentino, «niente di meglio che una classifica per fare i tifosi». Motivo per cui bisogna «guardare allo “storico”, la media di molti anni» per trarre con cautela qualche conclusione generale.
Il problema per Grosseto è però che le brutte notizie arrivano proprio dal confronto col passato. Salvo il 2001, infatti, il nostro comprensorio ha sempre occupato posizioni dignitose, comprese tra il 7° posto (il migliore, nel 2009) e il 36° (2003). Certo i sei “set” di indicatori scelti dal Sole 24 Ore, ognuno dei quali contiene a sua volta sette parametri, sono molto variegati e andrebbe conosciuto il peso statistico che ognuno ha nel calcolo del paniere complessivo. Poi alcuni degli stessi indicatori sono anche opinabili rispetto al concetto di qualità della vita. Ma poiché sono gli stessi per tutti, reiterati per un periodo piuttosto lungo, è chiaro che la graduatoria ha una sua indiscutibile autorevolezza e capacità di cogliere le trasformazioni in divenire.
Sotto l’aspetto diacronico, è evidente che la provincia di Grosseto ha avuto il proprio “momento di gloria” negli anni compresi tra il 2002 e il 2011. In quel lasso di tempo, infatti, più o meno tutti gl’indicatori hanno avuto performance positive convergenti. Naturalmente con valori anche fortemente differenziati fra loro. Tenendo conto che storicamente Maremma e Amiata hanno parametri più performanti nei set “affari e lavoro”, “demografia e società”, ”cultura e tempo libero”. Molto peggiori invece in quelli di “ricchezza e consumi”, “ambiente e servizi”, “giustizia e sicurezza”.
Il decennio 2002/2011 quindi è stato il periodo di picco, segnato da un buon recupero della provincia di Grosseto sui gap che storicamente la separavano dalla gran parte degli altri territori toscani. Ma perché è successo in quegli anni?
Semplice: perché in quel decennio sono arrivati a dama gl’investimenti messi in campo grazie alla cosiddetta “programmazione negoziata”, che vide cooperare alla costruzione di un progetto condiviso di sviluppo socio economico il settore pubblico e quello privato. Gli strumenti operativi si chiamavano Patto territoriale per lo sviluppo della Maremma grossetana, Patto territoriale per l’agricoltura, la pesca e l’acquacoltura, Contratto di programma per l’agroalimentare. Tutti e tre progettati con la supervisione di Regione Toscana e Provincia di Grosseto. Finanziati con le risorse comunitarie dell’Obiettivo 2 del Regolamento Cee 2081.
Una stagione feconda iniziata dal presidente della Provincia Stefano Gentili, che alla fine degli anni ’90 elaborò una strategia di rivitalizzazione economica di contrasto al declino della Maremma dopo la chiusura delle miniere e la crisi dell’agricoltura tradizionale. Proseguita dal presidente Lio Scheggi, che dette gambe all’elaborazione teorica con gli strumenti operativi della programmazione negoziata (ministro Carlo Azeglio Ciampi), e portata a conclusione da Leonardo Marras, sempre in veste di presidente della Provincia.
Ecco, ciò che è mancato negli ultimi anni – e di cui non si vede nemmeno il barlume – è un’elaborazione culturale all’altezza della sfida che questo territorio ha davanti, impaludato nella melma stagnante della crisi economica generale e della propria incapacità a reagire. Anche gli unici due progetti di sistema oggi in campo, infatti – il Polo per il trasferimento dell’innovazione tecnologica, “Certema” (operativo da un anno), e il Polo tecnologico per l’agroalimentare (in fase di start up) – sono l’ultimo lascito di quella stagione di analisi e progettazione di un modello di sviluppo originale.
Oggi, purtroppo, c’è oggettivamente un vuoto assoluto di lettura delle dinamiche e d’iniziativa politico-istituzionale, indubbiamente figlio di un deficit grave della classe di governo diffusa. Non solo di quella politica. Anche se ovviamente con qualche positiva eccezione.
La classifica sulla qualità della vita elaborata dal Sole 24 Ore, pertanto, va presa molto sul serio. Perché è uno strumento duttile che aiuta a cogliere i dati essenziali della realtà che rappresenta. Ed è anche il motivo per cui, alla fine del 2019, salvo miracoli per i quali qualcuno speriamo si stia attrezzando, bene che vada Grosseto rimarrà al 66° posto. Ma è molto probabile che peggiori ancora la propria graduatoria. Cosa che ha poco a che fare col pessimismo e molto con l’analisi razionale.
1. Nel film “Slavin, patto criminale” (2006) Mr. Goodkat – alias Bruce Willis – spiega cos’è la «mossa Kansas city»: «loro guardano a destra e tu, vai a sinistra». (vedi youtube)