GROSSETO – Sei maremmano se dici: “Poro sciorno!”. Questa settimana la nostra rubrica si sofferma più sulla prima parola dell’espressione che richiamiamo. Poro è sinonimo o, se volete, una storpiatura di povero. Accostato, come in questo caso, a un aggettivo è come se fungesse da rafforzativo del concetto che si vuole esprimere.
Poro sciorno è, dunque, un modo per rivolgersi al nostro interlocutore facendogli capire che lo consideriamo proprio un bischero, un tontolone, oppure un po’ tanto cialtrone. Perché in fin dei conti lo sciorno è colui che fa della cialtronaggine un po’ un suo tratto caratteristico. Al “poro/pora” si possono aggiungere tante parole: poro/a sciabordito/a; poro/a locco/a; poro/a strullo/a e così via.
Sarà che in Maremma s’è avuta una povertà che si tagliava col coltello, fatto sta che alla parola “povero/a”, “poro/a” siamo talmente affezionati, che la impieghiamo anche con altri riferimenti. Per esempio, i nostri vecchi erano soliti accostare questa parola a un congiunto o a un amico o conoscente passato a miglior vita: “la mi’ povera moglie”, “il mi’ poro marito”…defunti che di solito “erano tanto boni!” Perché, si sa, quando siamo morti siamo tutti boni! Ma questo è un altro paio di maniche!
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