GROSSETO – «La mente mi porta al 5 novembre di 52 anni fa: ho trent’anni e con mia moglie Elettra e mio figlio Renzo di quasi 3 anni viviamo in via del Sabotino; il resto della mia famiglia, genitori, sorelle con relative famiglie vivono in due distinti appartamenti posti al numero 68, piano terreno, di via De Barberi» a parlare è Raffaello Rossi, che ricorda così i giorni dell’alluvione «Il numero 68 corrisponde al primo palazzo dell’Istituto autonomo che si trova sulla sinistra della via in direzione Ombrone, della famiglia solo mio fratello Giuliano non abita in via de Barberi e stamani, sono le prime ore del mattino, è qui in casa nostra insieme al nostro amico Franco Cagnani, la cui famiglia abita in quel palazzo, ma ai piani superiori».
«Abbiamo dormito poco o niente – prosegue Raffaello che racconta i fatti in tempo reale, come fossero successi dietro -, ieri mattina l’Ombrone ha dato di fuori, la città ha vissuto una giornata caotica, le voci si sono rincorse: c’era chi parlava di morti, gli altoparlanti esortavano i cittadini alla calma, e invitavano quelli delle zone inondate a porsi al sicuro, ove possibile, ai piani superiori, a quanto si diceva acqua e fango erano irrotti in città proprio dalla zona di via De Barberi, noi abbiamo assistito impotenti all’evolversi del dramma senza la minima possibilità di avere notizie dei nostri familiari, nessuno di noi ha un telefono».
«Stamani dobbiamo fare qualcosa ad ogni costo; ecco l’idea, per l’appunto sono dipendente della ditta Eurovinil e proprio di recente ho personalmente messo a punto il prototipo di un battellino a remi, è già stato battezzato, si chiama Danubio, dobbiamo solo collaudarlo! In ditta si lavora anche di sabato, montiamo sulla mia millecento e di corsa in via Monteleoni dove ha sede l’Eurovinil, dentro mi impossesso del canotto, di tre robuste pagaie e di un gonfiatore; carichiamo tutto in macchina e lungo il tragitto decidiamo di imbarcarci in via Amiata, gonfiamo il canotto saliamo a bordo e salpiamo, nell’attraversare l’ex campo di calcio dobbiamo fare attenzione a non urtare le attrezzature mal ridotte del luna park, ci immettiamo in via Fossombroni, e andiamo verso piazza De Maria, per poi imboccare via De Barberi, ci sono le prime avvisaglie di vortici, alcune auto carambolano verso via De mille, sulla sommità della scalinata delle scuole industriali ci sono, immobili, una di fianco all’altra, due vacche, o buoi, non so, entrambe sono rivolte verso la piazza, ma come avranno fatto a salire fin lassù, forse qualcuno, aiutandole ha cercato di salvare il
salvabile».
«Percorriamo via De Barberi – prosegue il ricordo -, siamo giunti al primo incrocio e ci rendiamo conto di cosa stiamo rischiando, dalle vie laterali di sinistra viene una corrente forte e vorticosa che trascina tutto quel che trova, tronchi, mobili, auto rotolanti, animali morti, comunque dobbiamo attraversare, ci spostiamo a sinistra a ridosso dei muri, e al via, voghiamo con tutta la forza possibile. Siamo riusciti a passare, evitando di essere trascinati via insieme a tutto il resto, siamo all’altezza del mulino Orlandini, davanti a noi si apre una distesa di acqua e fango che va dalle scuole elementari a destra fino alle ex case di tolleranza a sinistra, qui ora è tutto un ribollire di detriti mischiati a fango, passano davanti a noi carcasse gonfie di animali morti, il tutto va in direzione della ferrovia, ora
non è più possibile proseguire lungo la strada, dai vasti orti sommersi, sulla sinistra del lago, spuntano delle piante di fico, notiamo dei tronchi impigliati nelle reti degli orti, anziché remare ora avanziamo costeggiando e appigliandoci alle piante ed ai tronchi, ora siamo fermi, non si va ne avanti ne indietro, siamo impigliati, non ci muoviamo, non dico niente ma prego di non incocciare nel filo spinato, sarebbe davvero un bel guaio! Franco si è tolto le scarpe e i pantaloni, si è immerso fino alla vita nel fango e aggrappandosi al tientibene del canotto è riuscito con i piedi a liberarci dai rami sommersi che ci imprigionavano, Franco è risalito a bordo e ha un colore diverso! Siamo sotto la villa del Polvani sul tetto ci sono delle persone che sparano in aria per chiedere soccorso, inveiscono contro di noi, ci hanno scambiati per pompieri, gridando abbiamo chiarito, promettiamo che al prossimo viaggio porteremo del latte e biscotti che vengono distribuiti in prefettura, lo abbiamo sentito dall’altoparlante, uno di loro si sporge dal tetto e impreca: Mi importa una… del latte, portami le sigarette!».
«Siamo riusciti a riprendere la via De Barberi, nonostante la vicinanza dell’Ombrone, la corrente è qui meno impetuosa, avanziamo abbastanza agevolmente, alla vista della casa dei nostri familiari ci sentiamo tutti e tre percorsi da un brivido di emozione, le finestre di casa non si vedono più, i nostri familiari si trovano tutti ai piani superiori ospitati dalla famiglia Chigiotti, alcuni di loro sono in terrazza, ci vedono, sui loro volti e anche sui nostri, compaiono lucciconi. Ormeggiamo il glorioso Danubio al parapetto del balcone del piano superiore, là sotto si sentono dei tonfi sordi e sinistri sono i mobili di mia madre che sbattono sulle pareti e sul soffitto».