La sanità è un nervo scoperto, hai voglia a indorare la pillola. Lo è a livello nazionale come a quello locale, sui territori. Fuor di metafora, tutti hanno a cuore la propria pelle. Ma non è quella dei comitati la strada che porterà da qualche parte. I ritardi della politica e le inefficienze dell’Azienda sanitaria di area vasta, infatti, non giustificano l’ascesa di arruffapopolo e improvvisati tutori della pubblica salute. Né che qualche sindaco gli vada dietro per malintesa interpretazione della rappresentanza politica.
A Orbetello, ma non solo lì, ad esempio, hanno una vocazione spiccata al “comitatismo”. Nel 2006-2007 è stato comitato contro la chiusura del punto nascita, oggi è la volta del “Mo.tu.s” – movimento tutela della salute – nato per opporsi all’interruzione della chirurgia d’urgenza notturna, perché sarebbe il preludio alla chiusura dell’attività chirurgica nel piccolo ospedale in riva alla laguna.
Le argomentazioni tecnico scientifiche, oggi come ieri, sembrano essere un optional. E la cosa non depone bene. Se un punto nascita, sottolineava la letteratura scientifica, non è considerato efficiente né sicuro per puerpere e nascituri al di sotto dei 500 parti all’anno (a Orbetello erano poco sopra i 300), non si capisce il motivo per cui lo si sarebbe dovuto tenere aperto. Anche tenendo conto degli sprechi, che indignano solo quando si tratta di quelli degli altri: dieci anni fa, infatti, il primario di ostetricia e ginecologia dichiarava al Tirreno che «fatto 100 il costo di un parto a Grosseto, lo stesso parto viene a costare 210 a Orbetello e 380 a Massa Marittima».
Allo stesso modo, oggi, non si capisce per quale motivo si dovrebbero bruciare risorse pubbliche per mantenere un servizio di pronto intervento notturno di chirurgia d’urgenza per i tre casi che il direttore generale ha dichiarato essersi verificati nel corso del 2017. Quando oltretutto è noto che nei piccoli ospedali nessuno si fa operare volentieri neanche per un’unghia incarnita, perché l’elevato numero d’interventi è oramai pacificamente considerato lo standard qualitativo minimo indispensabile.
Nonostante logica e buon senso suggeriscano una direzione di marcia, quindi, almeno un pezzo d’opinione pubblica va ostinatamente contromano. Anche assecondata da media compiacenti, che gli lisciano il pelo per qualche copia di giornale, qualche like o punto di share in più. Salvo poi, una volta che la frittata è fatta, fare servizi di controindignazione per l’analfabetismo funzionale delle masse. D’altra parte viviamo l’epoca della legittimazione del “percepito” a discapito dell’oggettivo. Esattamente come avviene per “l’invasione degli extracomunitari” che con c’è proprio. Gli stranieri residenti in Italia sono appena l’8% della popolazione, ma la percezione diffusa è che siano tra il 15 e il 25%. E non c’è niente da fare. O meglio, ci sarebbe, a patto che media e politica evitassero coerentemente di alimentare falsi miti….ma questa è ancora un’altra storia.
Tornando alla sanità, l’inguacchio, il pastrocchio demagogico è sempre in agguato. Tanto più ci si avvicina alle elezioni – le regionali arrivano nella primavera 2020 – quanto è più probabile la cazzata strategica per conquistare fette di consenso. Motivo per cui, visto che ancora c’è un po’ di tempo, sarebbe bene tagliare l’erba sotto i piedi alla demagogia, e prendere posizioni nette e inequivocabili. Ché tanto a inseguire i populisti, il popolo preferisce sempre l’originale.
D’altra parte – anche tenendo conto delle oggettive difficoltà di bilancio di questi anni difficili, motivi per prendersela con la Regione Toscana ce n’è in abbondanza. A partire dalla cervellotica riorganizzazione della “aslona”, che ha definitivamente consegnato le decisioni a un’oligarchia di satrapi irraggiungibili e impermeabili al rapporto quotidiano con chi opera sul campo. Asserragliati nelle proprie torri d’avorio o nei tour propagandistici sui territori, che paiono kermesse itineranti della “Herbalife”.
Oppure basterebbe chiedersi il motivo per cui, a Pitigliano, fra le colline del Tufo, si ha l’ardire di tenere in vita uno pseudo ospedale omeopatico – ammesso e non concesso che l’omeopatia e altre pratiche “tradizionali” associate siano medicina – buttando via soldi pubblici in un momento di penuria grave di risorse. E nello steso tempo si dà il colpo di grazia alla rete dei consultori e alla medicina preventiva. O perché la mitologica medicina territoriale d’iniziativa incentrata sulle altrettanto mitiche “case della salute”, è ancora una chimera che s’aggira scodinzolante ed evanescente per la provincia. Più o meno al pari dell’altro convitato di pietra della sanità costituito dal salvifico nuovo sistema di prenotazione via medici di base che dovrebbe avere già da anni affiancato il Cup, riducendo i tempi di attesa per visite specialistiche ed esami diagnostici. E che a naso alla prova dei fatti si tradurrà in qualche mancia ai soliti noti per arrivare a incentivare l’offerta sanitaria a prescindere dall’appropriatezza.
Certo, va ammesso. Nonostante spesso si navighi a vista e malgrado le macroscopiche distorsioni evidenti in alcuni comparti dell’offerta sanitaria regionale, va detto che ad oggi la sanità toscana rimane un baluardo pubblico abbastanza solido a garanzia della salute della popolazione. Se stai davvero male, ti curano e ti salvano la pelle.
Tuttavia, se in sanità vige il principio che non investire equivale ad arretrare, è allo stesso modo vero che accontentarsi non porta a godere. Oggi infatti il sentiero per uscire dalla palude è stretto: assediato dai demagoghi dei comitati e dallo scambio tra scelte politiche e consenso elettorale a breve termine. Un modus operandi, quest’ultimo, che com’è palmare accomuna senza distinzioni chiunque governi. E che oltretutto vede la connivenza delle opinioni pubbliche delle singole comunità, imprigionate nella logica sovranista del localismo medioevale, incapaci di una visione che vada oltre gl’interessi di bottega (interessi, si fa per dire).
Insomma “mi sa mill’anni” di vedere la fine del tunnel. Eppure, se ognuno facesse la propria parte con un po’ d’onestà intellettuale, senza trovare alibi alle proprie mancanze, potrebbe essere molto più facile del previsto comporre il puzzle al quale in fondo siamo tutti interessati. Perché come noto: la salute prima di tutto.