GROSSETO -“Sono felice per e con il popolo della comunità della Cittadella che aspetta da anni la sua nuova Chiesa”. Così don Marian Gjini, amministratore parrocchiale della Beata Madre Teresa di Calcutta, a Grosseto, in merito alla ufficializzazione della data di consacrazione della nuova chiesa di via Stati Uniti: sabato 2 dicembre, alle ore 15.
Il vescovo Rodolfo ne ha dato annuncio al clero durante la tradizionale mattinata di ritiro, il giorno del Mercoledi Santo, prima di consacrare – nella Messa crismale celebrata il pomeriggio di quello stesso giorno in cattedrale – l’ampolla con l’olio e il balsamo che egli stesso utilizzerà il 2 dicembre per il rito della dedicazione della nuova chiesa. L’olio, nella liturgia del Mercoledi santo, è stato portato all’altare, durante la processione offertoriale, dallo stesso don Marian, che dopo la consacrazione, lo ha ricevuto simbolicamente tra le mani. L’ampolla è ora conservata in duomo, in attesa della cerimonia di dedicazione della chiesa parrocchiale della Cittadella, dove nel frattempo vanno avanti i lavori di completamento dell’opera.
Quella della Beata Madre Teresa di Calcutta è davvero una comunità vivace. Ben 110 bambini e ragazzi che frequentano il catechismo, un gruppo liturgico, il coro, il gruppo dei ministri della Parola, tre ministri dell’Eucaristia, che portano la comunione ai malati, il gruppo catechisti e gli animatori del dopocresima e del gruppo giovanissimi, il gruppo «servizi» che si occupa di pulizia della chiesa-sala parrocchiale e della manutenzione di tutti gli spazi, il comitato per la nuova chiesa, gli Scout, il gruppo di preghiera di Medjugorie: è felice don Marian del
movimento che c’è in un quartiere, che conta circa 7mila residenti per 1540 nuclei familiari e che aspettano davvero con trepidazione la loro nuova chiesa. Al pari del cantiere che va avanti l’impegno perché il nuovo luogo di culto sia il risultato della consapevolezza che costruire un nuovo edificio di culto impegna tutti ad un salto di qualità nel senso di appartenenza alla comunità. “È per questo – spiega ancora don Marian Gjini – che abbiamo impostato il cammino della parrocchia su tre verbi: ricordare, far memoria della nostra storia personale e comunitaria in relazione a Dio; pregare, affinché la realizzazione della nuova chiesa e delle opere pastorali vada di pari passo con la crescita di tutti noi come pietre vive; vivere, perché questo è il compito che Dio ci affida: essere dentro la realtà e viverla come dono”. A questi tre verbi si sono accompagnati anche due progetti, volti a coinvolgere sempre di più tutta la comunità nel dono che si va concretizzando. “Il primo – spiega ancora il sacerdote – lo abbiamo
chiamato “Ospita la chiesa in casa tua”. Abbiamo realizzato oltre 250 portamatite dell’azzurro della veste di Madre Teresa e sulle facciate vi abbiamo applicato le immagini della nuova chiesa come sarà una volta terminata. Abbiamo consegnato ciascun portamatite alle famiglie, con l’impegno per ognuna di porlo sulla tavola da pranzo ogni domenica, come se la parrocchia fosse l’ospite atteso e pregare per la comunità”.
Parallelamente è partito un progetto di autofinanziamento, perché una nuova chiesa deve essere il risultato di tanti rivoli che confluiscono per far fronte anche all’impegno finanziario che richiede. «Ci sono 75 famiglie – prosegue don Marian – che hanno deciso di autotassarsi. Mensilmente portano il loro contributo alla parrocchia, per coprire le spese degli arredi». Già 50 delle 57 panche, che saranno collocate nella nuova chiesa, sono state pagate grazie a questo progetto, mentre altre risorse andranno per arredare le sale parrocchiali, un bellissimo complesso adiacente la
chiesa, a forma di quadrilatero, in cui troveranno posto la canonica, gli uffici parrocchiali, le sale per catechismo e attività pastorali, un refettorio per momenti di convivialità. Tutte le stanze si affacceranno su un porticato e un chiostro a cielo aperto.
“Costruire una nuova chiesa – sottolinea il vescovo Rodolfo – non è solo un impegno economico. E’ prima di tutto l’impegno a costruire intorno ad essa una comunità viva, presente, partecipe, attenta ai bisogni e alle aspettative del territorio in cui è inserita. Questa, d’altra parte, è la parrocchia: casa tra le case degli uomini. E’ nostro desiderio che quanto più possibile tutta la Diocesi senta questa nuova chiesa come appartenente a tutti e non solo a chi risiede alla Cittadella, perché così è: una chiesa la si costruisce per tutti e per ognuno”.