GROSSETO – “Da un lato lanciamo il nostro Sos per gli allevamenti della Maremma dove, negli ultimi anni, sono scomparse centinaia e centinaia di animali, tra mucche, pecore e maiali con la chiusura di allevamenti ed aziende , con tutto ciò che ne consegue in termini di occupazione, anche nell’indotto, di spopolamento delle aree interne e montane, di rischi per il primato dell’enogastronomia del prodotto locale a causa dell’aumento della dipendenza dalle importazioni di carni, salumi e latte. Dall’altro ricordiamo il ruolo degli animali all’interno della società, che è cresciuto ed è stato anche riconosciuto a livello giuridico da norme e regolamenti come la legge sull’agricoltura sociale fortemente sostenuta dalla Coldiretti che valorizza gli effetti positivi della pet-therapy, entrata prepotentemente tra le nuove attività previste, così come per le pratiche di agricoltura sociale. Vi sono, infatti, i servizi di cura e assistenza terapeutica come l’ippoterapia o l’onoterapia senza dimenticare, infine, pero’ la funzione formativa e conoscitiva soprattutto nei confronti delle nuove generazioni svolta dalle fattorie didattiche con l’apicoltura e gli allevamenti di piccoli animali da cortile ma anche di mucche, maiali, pecore o capre. Un’attività che la Coldiretti sostiene attraverso l’iniziativa educazione alla Campagna Amica che coinvolge diverse scuole della provincia di Grosseto. Così Andrea Renna direttore della Coldiretti di Grosseto.
L’allarme – ricorda il presidente provinciale di Coldiretti, Marco Bruni – riguarda soprattutto le aree interne e montane, dove la scomparsa degli allevamenti comporta l’abbandono da parte dell’uomo e delle sue attività di sistemazione del suolo, con la conseguenza di un aumento del dissesto ambientale e idrogeologico. I numeri parlano chiaro – aggiunge il presidente del Consorzio Agrario del Tirreno, Massimo Neri – come i dati di flessione di approvvigionamento nelle località dove operiamo con le nostre filiali. Nelle zone montane sono scomparsi percentuali a doppie cifre importanti dei prati pascoli, con un ritorno della macchia boschiva che ha determinato il proliferare incontrollato di animali selvatici che ormai invadono anche territori più a valle, comportando pesantissimi danni proprio sul fronte degli allevamenti, con i cinghiali che danneggiano i campi di foraggio rendendo impossibile agli allevatori l’utilizzo di fieno del territorio. La crescita numerica dei cinghiali ha comportato il proliferare anche di predatori, ma soprattutto di canidi ibridi tra lupi e cani, che rivolgono le loro attenzioni anche a pecore e vitelli. Ancora molto più pesanti sono i danni collaterali. Gli animali, infatti, a causa dello stress provocato dagli attacchi riducono drasticamente la produzione di latte, con pesanti tagli al fatturato aziendale.
Uno squilibrio tra animali allevati, animali selvatici e predatori, che sta esasperando gli agricoltori e gli allevatori. E’ evidente che le misure di controllo soprattutto nel caso delle zone di media montagna e di collina non sono sufficienti. Necessario crediamo – concludono i dirigenti di Coldiretti, da parte dell’ente pubblico, garantire il sostegno economico-finanziario per una adeguata attività di prevenzione (indispensabile per ottenere il risarcimento dei danni) e assicurare efficienza ed efficacia nel sistema di accertamento e risarcimento dei danni, in tempi certi, per garantire un completo reintegro della perdita di reddito affinché la convivenza tra animali e uomo non porti all’abbandono dell’attività di allevamento. Non sarebbero solo gli allevatori a perderci, ma l’intera comunità poiché i pastori attraverso la loro opera conservano e valorizzano la montagna e le sue tradizioni.