GROSSETO – Non sarà Luca Alcamo, coordinatore provinciale di Mdp, il candidato di “Liberi e Uguali” in uno dei collegi maremmani. A dirlo è lo stesso Alcamo che ha parlato anche di programma elettorale, come quella annunciato dal leader Pietro Grasso di abolire le tasse universitarie.
«La fragilità della sinistra nel nostro paese è soprattutto culturale, persino mentale da certi punti di vista. Il dibattito scaturito all’interno della sinistra in Italia dopo la proposta di detassazione dell’università ne è, a mio avviso, un sintomo chiarissimo. “Ma come” ci si chiede “tagliamo le tasse anche ai ricchi? E la progressività? E chi ha di più dia di più?” E’ bastato l’annuncio per scatenare un’alzata di scudi che, se da destra pare naturale in quanto si va a agire sul loro campo di gioco preferito che è la detassazione, da sinistra si comprende poco. A patto che si sappia cosa si intende per sinistra».
«In questo bailame l’intervento del professor Montanari, che a liberi E uguali non ha aderito, ci dimostra che quando le cose si sanno e si comprendono non è impossibile dare un giudizio laico su una proposta concreta. Tanto concreta che proprio il sole 24 ore, giornale di confindustria, ci spiega che è fattibile tanto che è già realtà in numerosi paesi europei. Che Liberi e uguali volesse rilanciare l’università per aumentare il numero dei laureati lo avevamo già detto a dicembre: per noi l’istruzione universitaria è e deve essere un bene pubblico per tutto il paese, non soltanto delle famiglie che effettivamente mandano i figli all’università. E’ evidente quindi che secondo noi tutti debbano concorrere all’istruzione universitaria in proporzione al reddito e questo si può fare solo con la fiscalità generale, in modo che anche chi non ha figli ma ha ampie possibilità economiche o chi sceglie di mandare i propri rampolli alle università private debba concorrere alle spese per l’università pubblica».
«“Da ognuno secondo le sue possibilità, ad ognuno secondo i suoi bisogni.” Da quando questa è diventata roba di destra? Io non sono un populista, ma sono un popolano e mi piace farmi capire con degli esempi.
Io non ho figli ma, giustamente, le mie tasse vengono spese per le scuole medie. Dovremmo tassare anche quelle? Spero proprio di no. La stessa cosa deve valere per le università, a meno che non si consideri l’istruzione universitaria un lusso da famiglia ricca, cosa che purtroppo sta già avvenendo. Chi non ci crede può guardarsi un po’ di statistiche sulla classe sociale dei laureati italiani, poi ne riparliamo.
Fino a che l’università era un luogo riservato alle classi largamente benestanti la laurea la prendevano in pochi, ma si dava per scontato che averla fosse indispensabile per avere un ruolo importante nella società. Senza il “pezzo di carta” si presumeva che un ruolo guida, o comunque di tipo dirigenziale fosse precluso.
Poi è arrivato, per fortuna, il momento nel quale si è deciso che tutti dovessero avere accesso alla cultura, non soltanto le classi allevate per comandare».
«Da quando però anche l’operaio vuole il figlio dottore siamo paradossalmente tornati indietro e abbiamo cominciato a farci domande sbagliate. La domanda delle domande è “a cosa serve?”. Perché quando studiavano solo i ricchi la cultura per la cultura andava bene, se studia il figlio del panettiere la deve “poter usare” in qualche modo. Questa visione “classista”, non c’è altro modo per chiamarla, dell’istruzione sta contagiando anche le scuole superiori».
«Perché fare il classico? Con il latino si trova lavoro? Quindi se hai il babbo ricco puoi anche andarci, tanto caschi in piedi, sennò vai a fare una scuola che ti apra il famoso “mondo del lavoro”, deve essere spendibile.
Io sono fermamente convinto che far tornare la cultura un lusso sia un errore imperdonabile, e da questo tipo di rischio si esce in un modo solo: ribadendo che l’istruzione è un diritto e un bene pubblico e come tale deve essere gratuita per tutti e pesare per il suo finanziamento sulla fiscalità generale. Questa sì che deve essere sempre più progressiva. Il problema reale è che il nostro paese spende per le università meno dello 0,5% del PIL, contro il doppio della Germania. Notare bene: in Germania, non certo esempio di paese sprecone o in mano ai populisti, le tasse universitarie non si pagano».
«Io credo con forza che un paese come il nostro possa e debba trovare uno 0,5% di PIL in più per finanziare le università; facendo questo le tasse possono essere tolte senza alcuna difficoltà migliorando l’università stessa, non impoverendola. Un’ultima nota sull’ipotesi di una mia possibile candidatura: naturalmente io sarò in primissima linea nella prossima campagna elettorale, ma la persona che proporremo per Grosseto sarà una in possesso di un profilo e di competenze molto superiori alle mie».