GROSSETO – «Per la Flc-Cgil – spiega il segretario Cristoforo Russo – il diploma di scuola secondaria superiore “accorciato” a 4 anni, dai 5 normali, costituisce un impoverimento della didattica e una minaccia alla qualità della formazione delle nuove generazioni. Per questo, considerato che dal 16 gennaio al 6 febbraio decorreranno i termini per iscrivere i figli alle superiori, invitiamo i genitori a valutare bene se fare o meno la scelta di iscriverli ai cosiddetti “percorsi sperimentali abbreviati” a 4 anni. Fra l’altro, merita una riflessione anche il fatto che dei soli cinque Istituti superiori che sperimenteranno questo tipo di offerta didattica in Toscana, due sono in provincia di Grosseto. L’istituto comprensivo Fossombroni, con il Liceo delle scienze applicate, e il Manetti, con un istituto tecnico (ex Geometri).
Il passaggio dei corsi di studio da 4 a 5 anni anticiperà la conclusione degli studi, per cui gli studenti termineranno il proprio iter formativo entro i 18 anni d’età invece che a 19. Quello che ancora è tutto da capire, è invece come saranno “sintetizzati” in 4 anni programmi didattici che già oggi non si riesce quasi mai a concludere nei 5 anni canonici. L’impressione netta che abbiamo come sindacato di categoria è che l’introduzione del ciclo di studi breve risponda più alla finalità di attrarre studenti per scuole in crisi che altro. Per questo raccomandiamo ai genitori un’attenta ponderazione della scelta che faranno, convinti come siamo che il ciclo quadriennale impoverisca drasticamente la qualità dell’offerta formativa del sistema scolastico pubblico, danneggi le fasce più deboli della popolazione scolastica e causi una perdita di organici, di fatto configurandosi come mera operazione di cassa.
Infine – conclude il segretario della Flc-Cgil – vogliamo sconfessare due “mantra” ripetuti ossessivamente per giustificare l’introduzione di queste novità. La riforma non “ci avvicina all’Europa”, affatto. Secondo i dati pubblicati da Eurydice 2017 (Strutture dei sistemi educativi europei), soprattutto nei licei, la gran parte degli studenti dell’Ue termina il proprio ciclo di studi a 19 anni, non a 18: 24 Paesi sui 38 considerati. Fra questi ci sono, ad esempio, Germania, Danimarca, Norvegia e Islanda. Che sono i Paesi europei con i più bassi tassi di disoccupazione.
Inoltre, la riforma non “favorisce l’ingresso nel mercato del lavoro”. Piuttosto meno si studia e più probabilità ci sono di non trovare lavoro, o di trovarlo dequalificato e con basse remunerazioni. A maggior ragione in futuro. Piegare la scuola alle presunte logiche di mercato è un errore che impoverisce la formazione. Il problema non è infatti anticipare l’ingresso nel mondo del lavoro di un anno, ma dare agli studenti competenze e maturità per entrarci all’insegna della qualità.
Come insegnanti abbiamo capito che si prova a fare tutto in meno tempo grazie a salvifiche metodologie didattiche (che poi sono quelle che la stragrande maggioranza dei docenti già usa da un bel pezzo: flipped classroom, il cooperative learning, il debate, il problem posing and solving) e ai cosiddetti “contenuti multimediali”. Ma sappiamo bene che l’apprendimento vero passa prevalentemente attraverso una relazione educativa efficace; che apprendere non è solo inscatolare, mettere crocette, magari online, rubricare. Ma è, piuttosto, metabolizzare in tempi lenti e distesi.