GROSSET – “Basta con l’ipocrisia e la demagogia spicciola. Sull’accordo Ceta è il momento di fare chiarezza”.
Confagricoltura e Cia Grosseto si sono armati di carta e penna e hanno scritto ai sindaci dei Comuni maremmani per delineare bene i contenuti di questo accordo economico e commerciale globale; un trattato di libero scambio, tra Canada e Unione Europea che, dopo aver ottenuto in sede europea l’approvazione all’unanimità di tutte le organizzazioni agricole aderenti al Capa Cogeca (sindacato che raccoglie le organizzazioni europee dei produttori agricoli), deve passare anche dal Parlamento italiano dove è in corso la discussione per la ratifica.
“Come Cia e Confagricoltura Grosseto – spiegano i due presidenti, Enrico Rabazzi e Attilio Tocchi – abbiamo ritenuto che l’accordo rappresenti un’opportunità per il sistema agroalimentare Made in Italy. Siamo consapevoli che gli obiettivi del Ceta sono molto ambiziosi e che è giusta la discussione ed il monitoraggio della situazione. Del resto un accordo è il frutto di una mediazione che può non soddisfare pienamente le parti, ma diventa essenziale per l’avvio di un dialogo che può permetterci di aprire mercati e darci nuove opportunità”.
Tra gli obiettivi precipui, i due presidenti ricordano l’adeguamento del Canada alle norme europee in materia di diritto d’autore e la tutela del marchio di alcuni prodotti agricoli e alimentari tipici (clausola questa fortemente richiesta dagli agricoltori europei ma anche una delle parti più lunghe e difficili del negoziato). “Come Confagricoltura e Cia – aggiungono – consideriamo gli accordi bilaterali, la strada obbligata per liberalizzare gli scambi e quindi il commercio mondiale, e pertanto non c’è da avere paura e neppure di percorre politiche protezionistiche a tutti i costi. Viceversa occorre studiare sistemi economici in grado di dialogare e soprattutto valorizzare tutte le produzioni. Il nostro grano, bene prezioso da preservare, può diventare un valore una volta trasformato perché prodotto con tecniche rispettose dell’ambiente e della salubrità. Parimenti il vino, l’olio e tutti i prodotti della zootecnia maremmana non devono temere il libero mercato ma diventare ambasciatori di un territorio perché la loro qualità non può essere posta in discussione in quanto esaltano il made in Tuscany”.
Secondo Tocchi e Rabazzi il protezionismo è il mezzo più sicuro per generare disoccupazione e povertà e al contempo di regalare l’effimera illusione di preservare i posti di lavoro, salvo poi accorgersi che ne distrugge una grande quantità e l’economia collassa, allorquando si ferma il commercio internazionale. “La forte vocazione all’export dei nostri prodotti agroalimentari- concludono – , evidenzia la necessità di spostare l’attenzione sui mercati internazionali. Senza l’export, gran parte della nostra agricoltura sarebbe costretta a chiudere e d’altra parte l’Italia è un Paese con grandi capacità di trasformazione nel comparto agroalimentare. Per questa ragione chiediamo attenzione ai sindaci e dichiariamo loro la nostra disponibilità al confronto, qualora lo ritenessero necessario”.