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Quindi, ricapitolando: le botte rifilate a un uomo che vive ai margini – uno spiantato – filmate nel piazzale della stazione ferroviaria, di fatto sancirebbero definitivamente che anche Grosseto è diventata una “periferia dell’impero”. Con tutto il conseguente carico di violenza, degrado umano e sociale che questo comporta……….Forse.
Forse. Perché le spiegazioni semplici sono sempre quelle più fuorvianti. Soprattutto hanno contenuto consolatorio, e per ciò stesso in generale risultano assolutorie o autoassolutorie. Alla bisogna.
Insomma, segnali di degenerazione dei parametri di convivenza civile, nella nostra illusoria Arcadia, ce n’erano già stati parecchi. Oramai da tempo: risse fra adolescenti, accoltellamenti vari, aggressioni del branco, sbronze degenerate, fenomeni di stalking, fino al penultimo episodio follonichese, con le donne zingare chiuse nel gabbiotto dei rifiuti, filmate e derise sul web da due dipendenti del negozio Lidl. Poi la ciliegina sulla torta di qualche giorno fa: pestaggio nel piazzale degli autobus alla stazione, ‘per fortuna’ una roba fra Italiani. Protagonisti un dipendente di Tiemme spalleggiato da altri. Spettatori un nutrito gruppo di adulti e ragazzotti. Il tutto, ovviamente, filmato e pubblicato sul portale Cronaca Vera. Giornaletto web che campa sulla pruderie occhiuta dei feticisti del trash e della violenza esibita, elevata a intrattenimento pop.
Il disagio profondo di fronte alla violenza non è in discussione. Che ne siano stati protagonisti un manipolo di dipendenti di Tiemme, oppure lo stesso clochard che pare abbia attaccato briga per primo, poco cambia. Anche se uomini nel pieno delle proprie facoltà mentali dovrebbero essere in grado di capire che è inutile dare addosso a una persona con palesi problemi relazionali. Per quanto sgradevole, aggressiva e invadente possa essere.
Ma l’indignazione col pilota automatico lascia il tempo che trova. Come le considerazioni codine e sussiegose sul decadimento dei costumi o sulla crisi della famiglia tradizionale. Le citazioni a buon mercato, mala tempora currunt, e tutto l’equipaggiamento ideologico sul bel tempo che fu. Se mai fu.
Per andare più a fondo bisognerebbe montare il grand’angolo. Perché, probabilmente, a Grosseto non stiamo diventando più violenti di altri. Né più degenerati di ‘prima’. Le persone normali, quelle che conducono un’esistenza entro i paletti di pacifiche relazioni sociali, insomma, sono ancora senza dubbio la stragrande maggioranza. Lo confermano, le rare volte che vengono tirate fuori, anche le statistiche sui reati. Per quanto la gran parte di noi si affidi più volentieri all’indicatore soggettivo della sicurezza percepita. Così come violenti e marginali sono sempre esistiti. Sempre. E sempre esisteranno. È bene ribadirlo ogni volta, per non coltivare illusioni pericolose.
Quel che invece sta cambiando, e velocemente, è il nostro modo di guardare a queste persone. Uno sguardo troppo spesso morboso, quasi compiaciuto della kermesse quotidiana della diseredazione che sfocia in devianza, comportamenti antisociali, infine in violenza eclatante. Lo sguardo malato di chi riprende col telefonino la rissa in un parcheggio per postarla su un esiziale e inutile portale web come Cronaca Vera, invece di portarlo subito ai Carabinieri per consentirgli di ricostruire i fatti in modo scrupoloso.
Sguardo putrescente, figlio della patologica e infantile fascinazione per lo ‘spettacolo’ della violenza, che spinge decine di persone ad assistere alla corrida fra esseri umani che si menano senza che nessuno senta il bisogno d’intervenire per riportare la calma. Perché è più gratificante la concitazione adrenalinica di qualcosa di cruento da raccontare agli amici – ero lì! – al pub o in famiglia, piuttosto che prendersi la responsabilità di un gesto antieroico come calmare gli animi. Perché la violenza, oramai, s’è conquistata il rango d’intrattenimento. Al pari di altri spettacoli.
La violenza potenzialmente di massa, subdola e latente, di cui preoccuparsi veramente, è proprio questa. Molto più di quella di chi tira qualche cazzotto, dell’ubriaco che inveisce o provoca. Perché alla fin fine non si tratta più neanche di assuefazione, ma del sottile piacere che si rischia di provare nel godersi la rappresentazione. Per poi naturalmente esprimere in pubblico giudizi moralistici e autoassolutori rispetto alle responsabilità che ognuno di noi nel proprio piccolo potrebbe quotidianamente esercitare. Atteggiamento sempre più diffuso, che fa da pendant a certa politica che su questi episodi ingrassa rilanciando trite parole d’ordine. Perché come sempre tutto si lega.