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Al netto di ogni ironia giustificata dalla dilettantesca gestione politica della vicenda, la modifica gli articoli del codice penale sulla «legittima difesa» è meno “accia” di come sta passando nell’opinione pubblica. La trappola non sta nella legge, ma nel suo utilizzo per raggiungere un altro ben più pericoloso obiettivo.
Chi ha messo il cane alla salita dicendo «in casa mia è sempre legittima difesa», non è infatti tanto interessato alla riforma delle regole vigenti, quanto alla legittimazione culturale del principio che sia sacrosanto farsi giustizia da sé, per poi arrivare a un allargamento delle maglie normative finalizzato a vendere più armi ai comuni cittadini. Tutti sceriffi, insomma, e un generale incanaglimento della convivenza sociale. Una battaglia politica mossa col pretesto della sicurezza, che mira a puntellare i capisaldi ideologici della destra estrema e più reazionaria. Quella che non a caso ha il feticcio dello Stato intruso nella libertà del singolo. E arriva a giustificare lo sparare nella schiena a un ladro che scappa, perché ha usurpato la proprietà privata. Insomma, l’armamentario ideologico della statunitense National rifle association (NRA), potentissima lobby Usa dei produttori di armi che oltre Atlantico fa da cane da guardia al ricco mercato domestico. Dove secondo gunpolicy.org, (organizzazione nata nel dipartimento di salute pubblica dell’Università di Sidney – Australia) circolano 114 milioni di pistole, 110 milioni di fucili e 86 milioni di fucili a canna liscia, a fronte di una popolazione di 316 milioni di persone.
Non ci vuol d’essere né il mago Otelma né il genio della lampada per capirlo. E a maggior ragione occorrono lucidità e sangue freddo, non facendosi abbagliare dal gioco di specchi nella polemica sulla presunta accondiscendenza verso i delinquenti della modifica alla legge. Ma nemmeno, a contrario, mettendo il piede nella tagliola dell’attacco a una legge di destra. Perché la destra vera avrebbe fatto molto peggio che lisciare il pelo al populismo dilagante.
Certo, sarebbero bastati un po’ più di polso e capacità politica per stroncare sul nascere la dozzinale strumentalizzazione del senso d’insicurezza che per prima la Lega, ma anche il sistema dei media, montano come la panna oramai da troppo tempo.
Senza fare gli azzeccagarbugli, a leggerla, la modifica alla legge sulla legittima difesa, si limita in verità a introdurre determinanti soggettive che attenuano la responsabilità di chi abbia sparato per difendersi, cosa che finora comportava automaticamente il processo. Che peraltro quasi sempre si chiudeva in favore dell’aggredito, salvo l’eccesso di difesa o l’omicidio, specie se l’aggressore era disarmato. L’ironia scatenata dalla possibilità di “sparare di notte”, deriva dal fatto che entrare in casa nottetempo è stato equiparato all’aggressione fisica, introducendo l’elemento del «grave turbamento psichico».
Insomma, nel merito, lo scandalo è più sull’uso inadeguato della lingua italiana in un testo di legge – il famigerato «ovvero» – che sulle poche novità introdotte per evitare l’automatismo del processo.
Il fatto preoccupante, tuttavia, è un altro. E occorre ribadirlo. Perché l’obiettivo della bagarre e del sarcasmo è legittimare l’idea, speciosissima e fuorviante, che difendendosi da soli e con ampia disponibilità di armi, ci sia più sicurezza nella nostra società. In ossequio al modello statunitense.
Modello fallimentare, invero. Visto che il Paese più armato al mondo, è anche il più violento e meno sicuro in assoluto di quelli a economia avanzata, con una quantità di morti da arma da fuoco sconvolgente, fra omicidi, suicidi e incidenti. Sempre secondo gunpolicy.org, d’altronde, dal 1973 al 2014 in Usa si è passati da 29.000 persone uccise da un proiettile a 33mila, valore più alto mai raggiunto. Complessivamente, tanto per dirne una, secondo il “Center for disease control and prevention” del Dipartimento di Stato Usa tra il 2004 e il 2013 i morti causati sul suolo americano dalle armi da fuoco sono stati 316.545.
Un’altra fonte, invece – The Counted, il “contatore” istituito dal quotidiano inglese The Guardian – ha censito le persone uccise nel 2016 dalla polizia statunitense, che sono state in tutto 1.092. Delle quali 24 nativi americani, 266 neri, 183 ispanici, 574 latinos, 21 bianchi, 24 delle isole del Pacifico e 24 non classificati.
Lo stesso Paese dove in nome della sicurezza si applica la pena di morte (31 esecuzioni nel 2016 secondo il (Death penalty information center), e dove ci sono 2,2 milioni di persone carcerate – con un tasso di carcerazione che è 6 volte superiore a quello medio dei 42 Paesi sviluppati – a fronte del milione e 600.000 persone carcerate in Cina e delle 651.000 della Russia.
Insomma, se com’è, l’obiettivo vero di tutta questa baraonda intorno alla modifica degli articoli del codice penale che regola la «legittima difesa», è l’americanizzazione del nostro sistema di prevenzione della violenza, allora la prima cosa da fare è non “abboccare come i lucci in curva”. Perché con la logica dello “spara che ti passa”, i danni per la nostra società sarebbero incalcolabili.