Premesso per trasparenza che lo scriba redattore del pezzo sottostante ha votato NO, il tentativo è tracciare la mappa politico/antropologica del voto referendario. Senza pretese politiciste d’analisi raffinata, provando con metodo euristico a comprendere in modo più perspicuo possibile quel che sia successo in occasione del voto.
Cosa per far la quale può esser utile ricorrere sul filo dell’ironia a un approssimativo schema tassonomico, ovverosia a una classificazione e ordinazione di elementi all’interno di un sistema.
Naturalmente, tenendo conto del vizio originario di chi scrive. Che ha apprezzato l’esito referendario.
Accozzaglia è il gruppo eterogeneo di coloro che hanno conferito alle ragioni del NO un tondo 59%, risultando vincitori della tenzone referendaria. Gruppo che è composto da vari sottoinsiemi antropologici.
- Lanzichenecchi. Elettori concentrati prevalentemente a nord del Tevere. Poco rifiniti, ma non scevri da genuinità e intuito, hanno vergato la scheda riottosi a porsi problemi di natura costituente, aizzati contro il governo dalla diarroica retorica del loro leader. Sostanzialmente hanno votato per la democrazia a loro insaputa.
- Protodittatoriali. Per lo più feticisti del duce senza aver letto un libro di storia – se l’hanno fatto ne danno un’interpretazione sui generis – sono accorsi a votare NO sotto i vessilli dello jus sanguinis perché volevano punire i Komunisti. Piuttosto confusi, anche loro hanno votato per la Democrazia nonostante aspirino al suo contrario. Esempio di scuola d’eterogenesi dei fini.
- Ggiovani. Addottorati, loro malgrado, dalla ferinità dei rapporti economici ai tempi della globalizzazione, in occasione del referendum si sono giocati il Jolly. Segnalando che non basta un bonus a compensare un paniere stracolmo di malus, hanno rizzato la loro barricata generazionale all’insegna del dadaismo mortificando la narrazione dell’homo fast & smart. Più che flessibili, irascibili.
- Reazionati. Sono i reazionari moderati. Come l’ultimo giapponese nella giungla, gli orfani di Sirvio hanno obbedito all’estremo diktat del vecchio Tutankhamon: votare contro una riforma costituzionale che avrebbe voluto tanto intestarsi Lui. Ma che non era il caso di regalare a un altro. Unica loro consolazione è d’essere fra i vincitori, ma senza avere capito bene il perché.
- Peripatetici. Generalmente di sinistra, ma anche no. Sacerdoti e vestali del rito di Calamandrei, hanno letto la Costituzione elucubrando sul combinato disposto con la legge elettorale. Saccenti e devastatori di gonadi, hanno a lungo combattuto col ribrezzo che gli procurava l’idea di votare insieme a una masnada di destri bruti e scalmanati. Superato l’abnorme imbarazzo, sono rimasti esterrefatti d’avercela fatta, e a giorni di distanza si compiacciono ancora con sé stesi d’esser riusciti a tutelare la Democrazia. D’allora guardano con più indulgenza ai casuali compagni di viaggio.
- Complottardi. Assorbita la sbornia delle scie chimiche e dei vaccini, accantonate contraddizioni d’ogni genere, ne hanno azzeccata una. Hanno votato NO cogliendo l’attimo per colpire gli sfuggenti poteri forti. Ci sono riusciti e questo li sta aiutando a coglier il nesso con la Democrazia. Impolitici, sono in via di guarigione.
- Dissidenti. A larga prevalenza sinistri, ma non solo. Vagano alla perenne ricerca d’un motivo per dissentire, spaccare il capello in quattro e argomentare a contrario: “aliena ogni compromesso, ahi lo stress” [cit. Nuntereggaepiù di Rino Gaetano]. Minoritari e oppositori per vocazione, pensano d’esser il sale della terra. Non potevano trovar occasione migliore del referendum costituzionale per ingaggiare l’amata battaglia dialettica. Accortisi d’aver vinto, hanno provato un brivido sottile di piacere: è l’eccezione che conferma la regola.
- Sensitivi. Persone comuni impelagate nelle cose della vita, non hanno avuto il tempo o la voglia d’approfondire. Ma come rabdomanti hanno captato il pericolo e la grande presa per il culo, reagendo con l’istinto e votando NO. Giulivi.
Razzumaglia è la galassia dei sostenitori del SÌ, anch’essa composita e contraddittoria. Tenuta insieme dal collante identitario del nuovo che avanza.
- Ammaliati. Leggeri e propensi alla sbandata, hanno scambiato la riforma per la valle dell’Eden. Aderendovi non per convinzione ma per fascinazione. Ammaliati dalle magnifiche e progressive sorti della mortificazione della politica promossa da politici di professione. Svegliatisi in un incubo, continuano ad avere sudorazioni copiose.
- Generosi. Eredi d’una tradizione politica onusta di gloria, hanno combattuto una battaglia d’orgoglio. Sinceramente convinti d’esser dalla parte del giusto, si sono altruisticamente immolati per l’emancipazione del Paese. Contriti, vedono ingigantirsi il tarlo del dubbio, che avevano relegato in fondo a sinistra.
- Spaventati. Per settimane ostaggio della paura che tutto degenerasse. Hanno convissuto terrorizzati con l’idea che il NO aprisse la strada ai trogloditi, all’instabilità istituzionale e finanziaria. Finendo per accantonare riserve e sgradevoli sensazioni sugli esiti delle modifiche costituzionali, hanno optato per il Sì e per la salvezza della Patria. Constatato che il mondo non s’è fermato e che i mercati continuano a farsi i cazzi loro, oggi godono in silenzio d’aver sbagliato mira.
- Neoautoritari. Sinistri, destri, centri e grillidi. Costituiscono una centuria trasversale agli schieramenti politici, amalgamata dall’avita passione per l’uomo della provvidenza. Mistici del capo dei capi, non si sono posti problemi di sorta. Hanno solo obbedito garruli di poter servire the commander in chief, ebbri del piacere d’accondiscenderne il capriccio. Esterrefatti della sconfitta, stanno rivalutando il sistema tolemaico: sono le stelle fisse, il sole e i pianeti che girano intorno a Lui. Non è la terra che gira intorno al sole. In ambasce. La psichiatria li definirebbe poco centrati.
- Puttanieri. Delle più variegate sfumature politiche: verdini, bianchini, rosini e birichini,….i puttanieri non sono tali perché praticano le mignotte. Qualcuno anche quelle, magari. Ma in quanto cultori della prostituzione culturale, del mercimonio politico autocompiaciuto, della compravendita come architrave dell’universo. Si sono venduti al proprio princeps e l’hanno servito magno cum gaudio. Alla ricerca di un nuovo signore.
- Sfiancati. Oppressi dalla nefandezza di gran parte della classe politica e dirigente, hanno sperato che la riforma della Costituzione ne decimasse le schiere indegne. Scambiandola per un’ordalia. Compreso d’aver commesso un errore d’ingenuità, sono precipitati nella disperazione. Se si riavessero, costituirebbero una riserva per la Democrazia.
Plebaglia è il composito campo degli astensionisti, professionali e casuali. A questo giro in contrazione rispetto alle più recenti consultazioni.
- Ignavi. Talmente privi di nerbo e d’interesse per ciò che li circonda, da passar inosservati persino a sé stessi. Anacoluti umani
- Coitus interruptus. Quelli che s’erano entusiasmati e avrebbero voluto votare Sì o NO in contraddizione con quello che avevano sempre pensato fino a quel momento fatidico. Ma poi si sono cahàti addosso e son rimasti a casa. Avviliti per non avercela fatta.
- Caccolosi. Così pieni di sé ed elitari, da non ritenere degno di loro compromettersi in una tensone tanto volgare, come quella d’un referendum costituzionale. Autoreferenziali in cerca d’autore.
- Leggére. Tribù vasta e stanziale nel nostro Paese. Adepti del menefreghismo e del qualunquismo più triti, sono in grado di sproloquiare per ore sul nulla. Anche senz’esser interpellati. Di solito esordendo con l’evergreen: tanto so’ tutti uguali. Perennemente fedeli a loro stessi, si tramandano luoghi comuni da un secolo all’altro. Parassitari.
- Impediti. Per un motivo o per l’altro non ce l’hanno fatta a votare. Fuori sede, ammalati, contrattempati, in preda allo spleen, vittime delle cavallette [come Jake dei Blues Brothers]. Vivono nel rimorso. Soprattutto quelli che volevano votare NO.
Concludendo. Gli eventi hanno fatto il loro corso consumando il rito laico della Democrazia. Omaggio all’imperituro Pericle che ne tessé l’elogio solenne, e al disincantato Winston Churchil per averla apostrofata come probabile «peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte quelle forme che si sono sperimentate fino ad ora».
Come hanno eminentemente argomentato Vladimir Ilyich Ulyanov, detto Lenin, e Antonio Gramsci – ma in fondo anche Gaetano Mosca e Vilfredo Pareto – le rivoluzioni le fanno i popoli, ma a guidarli sono le élites. A questo giro hanno entrambi fatto un buon lavoro.