ROCCATEDERIGHI – E’ senza voce, Marco Capecchi. Il padrone di Eschilo di Audentum Est, il dobermann morto giovedì mattina a Roccatederighi. La voce l’ha persa urlando contro i cacciatori che – giura – “hanno ucciso il suo cane senza motivo”. “Ma stia certo – assicura – che andrò in fondo a questa cosa, sia dal punto di vista penale, sia civile, con la Lac e il Club di razza dobermann che si stanno già muovendo per fare luce su questa vicenda. Non è possibile che i cacciatori possano comportarsi così”.
Una vicenda che, raccontata dalle parole di Capecchi, assomiglia più a una film horror che a un evento di cronaca cittadina, avvenuto nelle – usualmente – tranquille campagne maremmane.
“Faccio una premessa – racconta il padrone di Eschilo – io ho una casa a Roccatederighi, con trenta ettari di terreno. Un terreno di mia proprietà, ma non recintato. Giovedì mattina ho liberato Eschilo, il mio cane femmina e i cucciolini di sessanta giorni che tra poco andranno via. Li ho liberati, ribadisco, all’interno della mia proprietà. Nel giardino davanti a casa, dove ci sono anche le nostre macchine. Un minuto dopo ho sentito uno sparo. Sono sceso e ho trovato il cane a terra, con il cranio aperto, il cervello spappolato. A 80 metri dalla mia casa”.
A questo punto il film cambia genere: da horror diventa thriller. “Ho visto due cacciatori che scappavano, col fucile in mano. Gli ho gridato di fermarsi, ho perso la voce a forza di urlare, ma niente, non si sono fermati. Sono saliti in macchina e sono scappati, li ho inseguiti, con la mia macchina, ho raggiunto uno dei due che alla fine si è fermato, solo dopo che l’ho ripetutamente tamponato. Fortunatamente nel frattempo Isabel, la mia fidanzata, aveva chiamato i carabinieri, che sono arrivati, altrimenti non so cosa sarebbe potuto succedere”.
La dinamica dell’accaduto, ovviamente, è al vaglio delle forze dell’ordine. “I cacciatori hanno detto che i cani e loro stessi sarebbero stati aggrediti da Eschilo e per questo gli hanno sparato. Ecco, deve sapere che quando un dobermann di 50 chili aggredisce una persona o un altro animale vi assicuro che lascia segni ben visibili, segni o ferite che io non ho visto. La pallottola sparata è entrata dietro la nuca del cane, se il cane stava aggredendo qualcuno anche lui sarebbe stato colpito”.
Al di là della ricostruzione è importante come tutto questo è successo: “E’ successo all’interno della mia proprietà – assicura l’uomo – con tanto di cartello ‘Attenti al cane’. Io non credo che Eschilo abbia aggredito nessuno, non era nella sua indole, parliamo di un cane testato caratterialmente, idoneo alla riproduzione, un cane di sei anni non pericoloso, che non ha mai aggredito nessuno. Anche di recente ci sono stati dei fungaioli, lui è sempre stato buono con tutti. Ma se anche davanti a casa mia, di fronte a due persone con il fucile e altri cani, si fosse avvicinato a queste persone, non avrei niente da rimproverargli e certo non meritava questa fine”.
Marco Capecchi non ha intenzione di fermarsi. “Lunedì ci sarà l’autopsia del mio cane – afferma – per capire dove è entrato il colpo di fucile che lo ha ucciso. Io voglio andare in fondo a questa cosa, voglio dimostrare insieme al mio legale che si è trattato di un omicidio di animale, un reato molto grave. Se davvero ha aggredito qualcuno, perché gli hanno sparato in testa e non in una gamba? Ho fiducia nei carabinieri che sono intervenuti, e che hanno visto quello che ho visto io: un cane morto, con il cervello per terra, senza neanche un pelo dei cani che lui avrebbe attaccato, senza una ferita addosso ai loro padroni”.
Una vicenda comunque inquietante, sulla quale le indagini dei militari dell’Arma sono in corso.