TALAMONE – Non tardano ad arrivare le dichiarazioni della vecchia amministrazione sulla questione del dragaggio del porto di Talamone dove, secondo il consigliere del gruppo Pd, Luca Aldi. «L’attuale amministrazione – è l’attacco – che si avvale per il demanio di un tecnico come il maresciallo Poccia, per anni responsabile dell’Ufficio Marittimo di Orbetello, e che ha trovato gli studi preliminari sulla questione di Talamone già effettuati, avrebbe dovuto avere già chiare certe problematiche e pronta la soluzione: ed invece brancola nel buio, tanto che ha addirittura costituito un gruppo di lavoro».
Luca Aldi, consigliere di maggioranza ed ex-assessore della giunta Paffetti ed attualmente all’opposizione, continua riassumendo i due anni precedenti in cui, secondo lui, non si è stati con le mani in mano: «Intervengo sulla questione del dragaggio del porto di Talamone perché, dopo le dichiarazioni del sindaco e del consigliere delegato al demanio Poccia, occorre fare chiarezza nell’opinione pubblica sulla questione – spiega – in seguito alla nota del febbraio 2014 dell’Ufficio Locale Marittimo di Talamone, che segnalava la problematica dei bassi fondali, collegata agli eventi meteorici eccezionali del novembre 2012, il precedente sindaco si era prontamente attivato chiedendo l’intervento della Regione Toscana, con la quale, insieme alla Provincia di Grosseto, veniva avviato un percorso che portasse ad un accordo di programma tra i tre enti per la soluzione del problema».
«In tale percorso – aggiunge Aldi – veniva coinvolto anche il consorzio Il Molo di Talamone, costituito da tutti i concessionari presenti nel porto, il quale si faceva parte diligente nel commissionare uno studio di fattibilità preliminare che prevedesse le operazioni da svolgere e i relativi costi. Lo studio realizzato è stato messo a disposizione del Comune e, dopo aver avuto la vidimazione del dirigente, è stato approvato dalla giunta Paffetti con delibera numero 359 del 30/12/2014».
«Lo studio – continua Aldi – nelle conclusioni prevede, tre ipotesi di costi: una di 1.123.000 euro nel caso che il materiale possa essere riutilizzato totalmente per il rinascimento dell’arenile; la seconda di 5.984.750,00 euro, se parte del materiale dovesse andare in discariche autorizzate; la terza di 6.004.000,00 euro nel caso di conferimento in parte nelle vasche di colmata Piombino».
«Nel corso del 2015, a cura dei concessionari – conclude Aldi – è stato eseguito lo studio per la caratterizzazione dei sedimenti che ha dato esito negativo circa la presenza di fattori inquinanti per cui, in teoria, il materiale può essere tutto usato per il ripascimento, con un costo minimo di euro 1.123.000 che, se in parte deve essere posto in casse di calmata, potrebbe essere assai superiore.
Ebbene, – conclude il consigliere Pd – intanto il costo minimo è diventato di circa il doppio di quello inizialmente previsto dalla Regione, poi per la conclusione dell’accordo di programma occorre che sia chiarito chi mette le risorse e che le stesse siano stanziate. Secondo la normativa a cui si fa riferimento cioè la legge regionale numero 88/1998 le funzioni di manutenzione sono attribuite ai Comuni, ma le risorse le deve mettere la Regione. Per questo la domanda sostanziale che rivolgo a Poccia è questa: ha ben chiaro il consigliere delegato che al Comune non spetta mettere risorse proprie? O se lo ritiene sulla base di quali normative?».