a cura di Marco Gasparri
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Le recenti elezioni americane saranno ricordate come quelle della ribellione della classe media americana che ha votato in massa Donald Trump spiazzando quanto previsto dai sondaggi.
La middle class è stata l’ossatura sociale su cui si fondava la seconda rivoluzione industriale: aveva in se conoscenze, capacità e funzioni produttive. Dopo la crisi del 2008, caratterizzata dagli esiti della globalizzazione e della informatizzazione nei servizi, la classe media è divenuta povera e precaria, ed ora si è ribellata. Nessuno pareva averlo previsto, tranne lo staff di Donald Trump.
Le elezioni presidenziali USA passeranno alla storia, infatti, per la crisi dello storytelling tradizionale, ovvero quella dei tanti media tradizionali appunto (quotidiani, televisioni e radio) che si fanno portavoce dell’establishment economico, finanziario, culturale, politico. Mezzi che, tutti se ne rendono conto solo adesso, non parlano più alla maggioranza silenziosa ovvero a quella classe media che è stata fondamentale per i risultati finali.
Trump ha vinto perchè ha trovato nuovi canali per comunicare con questo target importante. Lo ha fatto in modo diretto e senza l’intermediazione dei giornalisti. Lo ha fatto tramite il web.
Secondo una ricerca del Pew Research Center, che ha analizzato gli ultimi cinque cicli presidenziali degli Usa, nella campagna elettorale tra Hillary Clinton e Donald Trump il mezzo d’informazione preferito dai cittadini americani sono infatti stati i social network: 1 adulto su 4, infatti, ha visitato almeno una volta le pagine Facebook o Twitter dei candidati per saperne di più. Sul tema è intervenuto anche il Laboratory for Social Machines del Massachusets Institute of Technology che ha identificato, tramite un algoritmo, i 150 profili Twitter che più hanno influenzato le elezioni per la Casa Bianca: sul gradino più alto c’è Donald Trump.
Nella sola notte del voto i i cinguettii su Twitter sulle elezioni sono stati 75 milioni, nel 2012 erano stati 31 milioni. E su Facebook 115,3 milioni di persone hanno generato 716,3 milioni di interazioni. Secondo Sandvine, il traffico di Facebook è triplicato nelle febbrili ore pre elezione.
Mentre ogni sondaggio tradizionale dava in vantaggio la Clinton, sulle piattaforme social stravinceva insomma Donald Trump a suon di condivisioni e reazioni.
Secondo il sito socialbakers.com il post più popolare di Trump (pubblicato il 20 ottobre) ha totalizzato più di un milione e 800mila interazioni. Il post più popolare di Hillary Clinton (pubblicato l’8 novembre) ha ottenuto poco più di 900mila interazioni. Meno della metà.
Anche su Twitter Donlad Trump ha vinto il suo duello con Hillary. Vi sono stati infatti tre milioni di follower di distacco tra Trump e Clinton. La classifica dei tweet più retwittati vede in grande vantaggio Trump: 344mila contro 128mila.
Il popolo dei social network, dunque, si era già schierato. Nessuno dell’establishment se ne era accorto continuando a interpretare i social come un “luogo distante dalla realtà”. Invece in quel mondo ogni giorno si sono confrontati milioni di americani con i loro problemi e i loro pensieri. Lo staff di Trump lo ha capito ed ha dialogato con loro direttamente, senza filtri. Per estendere il messaggio ha adottato la ‘strategia dello shock’. Contenuti estremi. Paradossi. Forzature. Insulti. Minacce. Contenuti che hanno permesso di creare viralità più rapidamente e di essere amplificati anche dai media tradizionali. Trump ha detto agli americani semplicemente quello di cui avevano bisogno perchè lui l’ha saputo interpretare. Senza i social networks non sarebbe mai riuscito a far capire ad essi che “Lui era il loro candidato”.
* Marco Gasparri è Direttore di Studio Kalimero, agenzia di comunicazione e marketing. Si occupa da sempre di innovazione e di divulgazione di nuovi media e tecnologie.