GROSSETO – «Il rispetto della legalità ha un valore non solo giuridico, come rispetto della legge, ma ha anche un profondo valore economico perché pone le imprese nell’ambito di corretti rapporti economici, etici e di mercato. Facciamo nostre le considerazioni di Gian Carlo Caselli, presidente del comitato scientifico dell’osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare, voluto dalla Coldiretti – sottolinea Andrea Renna, direttore Coldiretti Grosseto che aggiunge -. La stesura del quarto rapporto sui crimini agroalimentari in Italia, presentata nei giorni scorsi a Firenze, è stata resa possibile anche grazie al contributo fondamentale delle Forze dell’ordine, dalla Magistratura, delle Istituzioni e degli Enti che operano sul territorio a salvaguardia del comparto agroalimentare. La loro azione costituisce una preziosa azione di contrasto al fenomeno dell'”italian sounding” smascherando in Italia e all’estero i prodotti tarocchi più significativi che erodono quote di mercato al vero Made in Italy e Tuscany agroalimentare con gravi ripercussioni sulle imprese ma anche sui cittadini e sui livelli di occupazione dei nostri territori».
Secondo Coldiretti l’associazione a delinquere di stampo mafioso e camorristico, concorso in associazione mafiosa, truffa estorsione, riciclaggio (money dirtying e launderig), illecita concorrenza sono le tipologie di illeciti riscontrate con più frequenza nelle organizzazioni criminali operanti nel settore agroalimentare con il business delle agromafie si stima superino i 16 miliardi di euro nel 2016. Per raggiungere il loro obiettivo i clan e le associazioni criminali organizzate ricorrono ad ogni forma possibile di reato, dall’usura al racket estorsivo, dall’abigeato alle macellazioni clandestine ai furti fino alla lievitazione dei prezzi di frutta e verdura fino a 4 volte nella filiera che va da produttore al consumatore fino alle infiltrazione nel settore del trasporti e della logistica. In cima alla black list dei settori più colpiti dalle frodi salgono la ristorazione, la carne e le farine, pane e pasta (il dato è riferito al valore dei sequestri effettuati dai Nas nel 2015).
«La criminalità organizzata che opera nelle campagne – conclude Renna – da quanto reso noto – incide più a fondo nei beni e nella libertà delle persone, perché a differenza della criminalità urbana, può contare su un tessuto sociale e su condizioni di isolamento degli operatori e di mancanza di presidi di polizia immediatamente raggiungibili ed attivabili. Si tratta dunque di lavorare per il superamento della situazione di solitudine invertendo la tendenza allo smantellamento dei presidi e delle forze di sicurezza presenti sul territorio».
I numeri. Al di là della mappa resa nota, secondo l’indice di organizzazione criminale (IOC) è la seguente: Pistoia (35,1), Grosseto (26,9), Prato (24), Arezzo (23,9), Livorno (20,2), Firenze (18,9), Pisa (17,1), Lucca (14,3), Massa Carrara (12,5), Siena (12,1). «Come Coldiretti siamo convinti che solo grazie alla sinergia con le Forze dell’ordine preposte sarà possibile avere numeri meno pesanti. 170 immobili confiscati e 28 aziende sequestrate in Toscana alla criminalità organizzata. Pistoia e Grosseto, rispettivamente al 39 e 50 posto, sono in cima alla classifica dei territori toscani dove l’intensità dell’associazionismo criminale è più elevata seguite da Prato al 57°, Arezzo al 58°, Livorno al 64°, Firenze al 70°, Pisa al 73° e Lucca al 78° che si trovano nella fascia “medio bassa”. Massa Carrara, 82°, e Siena, 83°, si trovano invece molto distaccate nella specialista dell’intensità della diffusione criminale».
Dei 170 immobili confiscati al 30 settembre che proiettano la Toscana al dodicesimo posto (1%), 40 immobili destinati, 128 in gestione totale e 2 usciti dalla gestione. Per quanto riguarda le aziende si contano 40 beni destinati, 16 in gestione e 11 usciti dalla gestione.