ORBETELLO – Il caso dell’allenatore squalificato perché il figlio con la sindrome di down non è accettato in panchina dagli arbitri, pur essendo regolarmente tesserato con la società, si arricchisce di nuovi particolari. Andrea Bartolini, il tecnico del Gao, da quattro anni porta con se il figlio Matteo in panchina e nessun arbitro si è mai sognato di obiettare, per questo ha deciso di scrivere una lettera aperta, in modo che il mondo dello sport, almeno per un attimo, si fermi a riflettere su quelli che sono i veri valori. Ecco il contenuto integrale:
“La sottile linea che ci divide dagli altri esseri viventi, molte volte è più sottile di quanto si pensi… Certo che non parlo di intelligenza o di chissà quale altra ideologia più o meno farneticante, ma solo della capacità di scegliere, quella che una volta si chiamava libero arbitrio, cioè di scernere ciò che è giusto o sbagliato, senza che ci sia una sciocca o giusta legge a decidere per noi, lasciando che sia solo la nostra coscienza a scegliere. Mi sento triste ed amareggiato, per la vicenda, non tanto per la squalifica assurda che mi sono preso, ma solo perché l’ offesa arrecata a mio figlio Matteo in prima persona è quanto meno fuori da ogni logica umana che conosciamo fin da bambini. Ho sempre creduto che lo sport, dovesse essere sinonimo di aggregazione fraterna, dove si insegna a socializzare con culture e modi di vivere diversi; dove l’avversario diventerà il mio migliore amico alla fine della competizione, sia che ho vinto o che ho perso. Tutto il resto sono solo chiacchiere da strada. Mio figlio è principalmente tutto quello che lo sport incarna, è vero ha si qualche “problemino”, ma chi è che non ne ha, e trovo riprovevole che il suo io, debba essere messo in discussione da regole che forse sono state scritte senza riflettere, e messe in atto da ignari difensori di un gioco fantastico, ma che così facendo lo hanno fatto sembrare un po’ più distante dal pensiero di legittimità di uguaglianza sociale”.
“In troppi si riempiono la bocca con delle parole che finiscono in un calderone politico e che poi si perdono in mille burocrazie ideologiche, che non portano in nessuna direzione se non quella della classica bolla di sapone, non voglio che questa mia voce si perda nel vuoto che svanisca nelle reti mediatiche di qualche social, vorrei dare voce,urlare per far sentire il calore che da nello stare vicino alla persona speciale che è Matteo, testardo come un mulo, ma molto più genuino di artefatti paladini degli obblighi sportivi, perché Il seguire le regole alla lettera non rende di certo migliori; pensiamo a cosa sarebbe successo se quel comandante della nave da guerra americana avesse seguito alla lettera ciò che il governo disse di fare in caso di forzatura dell’embargo che da li a pochi giorni venne effettuato nei confronti di Cuba; per non parlare delle decine di dottori che vanno contro a quanto hanno studiato e molte volte salvano la vita a dei pazienti…Io sono veramente indignato di tale comportamento di grande insensibilità, credevo che nel 2015 si facesse di tutto per far avvicinare la gente allo sport, e che si cercasse di insegnare i veri valori che il nostro mondo in particolare, ci trasmette. Mi sembra che non sia così, che l’arrivismo e la mancanza di personalità di certi individui sia sempre più lampante e diffusa. Ho paura che invece di creare un movimento si vada verso la creazione di una setta elitaria dove solo il potere ha realtà e facoltà di esistere. A me personalmente non piace, e capisco che tanta gente investe denaro solo per profitto e non per misantropia, ma il movimento, di qualsiasi esso sia, parte sempre dal basso. Forse non arriverò a farmi sentire molto lontano, ma il sapere che il mio pensiero verrà condiviso dalla comunità in cui vivo, mi fa credere che esista un briciolo di speranza perché queste cose possano cambiare. Matteo vi saluta e vi ringrazia per la vostra sensibilità”.