MASSA MARITTIMA – Il manichino di donna preistorica inginocchiata, intenta a preparare il cibo, costruito in una stanza del Museo archeologico dai maestri della cartapesta del carnevale di Viareggio, è stato inserito nella mostra fiorentina “La prima farina. Alle origini dell’alimentazione”, curata dalla Soprintendenza archeologica.
La mostra, inaugurata a Firenze pochi giorni fa, nella sede dell’Ente Cassa di Risparmio in Via Bufalini, resterà aperta fino al 6 gennaio 2016. Si tratta di un’esposizione nata dalla scoperta in Toscana della più antica farina conosciuta al mondo, datata a 30.000 anni fa. Un ritrovamento operato dai funzionari della Soprintendenza, in particolare dalla dott.ssa Biancamaria Aranguren, che guidava l’équipe nello scavo archeologico di un accampamento paleolitico situato nei pressi della diga del Bilancino nel Mugello. Nello scavo sono stati ritrovati per la prima volta in un insediamento paleolitico, una macina e un macinello di pietra; l’archeologa decise di non lavare i reperti, come invece si fa di solito negli scavi e di analizzarli al microscopio utilizzando poi il metodo al carbonio 14, applicato anche ai carboni del focolare ritrovato sul posto, per datare le tracce di materiale rinvenuto sulla superficie degli strumenti. I test sono sorprendenti: sulle pietre ci sono tracce di amido. Per la precisione, si è scoperto grazie alle analisi condotte dal Dipartimento di Biologia Vegetale dell’Università di Firenze, sugli utensili ci sono micro granuli di Typha (Tifa), detta anche stiancia o mazza sorda, una pianta palustre molto comune dalle cui foglie si ricavavano fino a pochi anni fa, fibre per l’intreccio di corde, stuoie, “sporte” ecc., mentre i rizomi erano utilizzati a scopo alimentare in molti paesi extra-europei. Si tratta di un ritrovamento importantissimo in quanto prima di questa scoperta non si era a conoscenza dell’utilizzo dei vegetali per produrre farina nel Paleolitico, un periodo nel quale si è sempre pensato l’uomo preistorico vivesse solo di caccia.
“E’ una scoperta che rivoluziona le conoscenze sull’alimentazione umana – sottolinea Biancamaria Aranguren che è il funzionario di riferimento per l’archeologia delle Colline Metallifere e curatrice degli scavi archeologici presitorici della zona, nonché della sezione preistorica del Museo Archeologico di Massa Marittima – perché finora era opinione corrente che le popolazioni nomadi di cacciatori-raccoglitori del Paleolitico superiore fossero essenzialmente carnivore. Il rinvenimento a Bilancino di un macina e di un macinello-pestello datati al C14 a 30 mila anni fa e la presenza su di questi di granuli di amido, rappresentano la più antica testimonianza diretta non solo dell’uso alimentare delle piante, ma di una vera e propria “ricetta” per la preparazione di un cibo di origine vegetale.”
Dopo la scoperta, il gruppo archeologico ha voluto sperimentare la preparazione di un cibo fatto con farina di tifa, raccogliendo i rizomi, seccandoli, macinandoli ed infine preparando e cuocendo delle “gallette” di tifa su di un focolare ricostruito come quello scoperto negli scavi di Bilancino ed il risultato è stato di gusto gradevole.
Adesso si arriva finalmente alla mostra, nella quale si esporranno i reperti derivati dagli scavi finanziati dall’Ente Cassa di Risparmio e dove la donna paleolitica del Museo Archeologico di Massa Marittima farà bella mostra di sé, in una ricostruzione di vita quotidiana nella preistoria.