il racconto di Marina Sarti
GROSSETO – Ammalarsi. Ammalarsi di tumore. Ammalarsi di tumore al seno… Basterebbero queste poche parole per le donne che come me hanno vissuto questo duro percorso per capire cosa vuol dire, ma raccontare queste storie è importante per tutti, perché conoscere vuol dire non avere paura nell’affrontare e sconfiggere il cancro, sono la forza ed il coraggio i migliori alleati!
È passato un anno da quella telefonata: “signora sono arrivati i risultati, deve venire… va bene domani? Alle…?” ma avevo già smesso di ascoltare da un po’… già avevo mille pensieri o forse nessuno, nessuno sensato. E arrivò subito la paura.
Paura. Tanta… perché nonostante mi ritenga una persona informata, in quel momento avevo solo il buio davanti, un “non so bene cosa”, un come? un dove? ma soprattutto tanti tanti perché?!
È stato un momento difficile, il primo di tanti.
Il tempo che non avevo più mi ha dato la spinta, il coraggio, la forza e una serie infinita di domande, una voglia enorme di informazioni perché si, si devono prendere decisioni in quei momenti in cui ti crolla il mondo addosso… c’è un operazione da fare!
La determinazione ad uscire da quell’incubo è stata la mia grande alleata insieme a tante persone.
I miei figli, vicini come sempre, da subito hanno vissuto con me questo ciclone che si è abbattuto su un’esistena che da poco si era rasserenata. (infatti non bisogna mai abbassare la guardia!)
Ricordo mia figlia quando ancora inconsapevole mi accompagnava a quegli strani appuntamenti, in orari strani, ma sempre all’ospedale!
Accettava qualsiasi spiegazione le dessi ma sono sicura che le bastava guardare i miei occhi pieni di lacrime, che coprivo con occhiali da sole, per capire tutto.
Le mie sorelle anche loro presenti super attive, preoccupate a tal punto da doverle tranquillizzare, perché volevo sapere, pensare e poi decidere IO.
Mia nuora, mi fa strano chiamarla così perché è stata più di un’amica, una consigliera, una a cui affidavo tutte le mie domande per paura di dimenticarle durante le visite, una che mi ha offerto tutta la sua professionalità e le sue “conoscenze” tra i colleghi medici.
In effetti di quel periodo ricordo solo visite, esami, consulti e valutazioni!
Gli amici, alcuni veri, non mi hanno mai mollato, qualcuno inaspettatamente ma piacevolmente presente, altri che avrei creduto e sperato di sentire vicini invece sono spariti! Nessun rammarico e nessun rimprovero per carità ma sicuramente nessuna grande perdita!
Spesso durante quest’anno i rapporti umani mi hanno fatto pensare alla solitudine. Di tempo ce n’è molto per pensare perché se il corpo si devasta sotto i colpi della chemio la mente rimane sempre dannatamente lucida.
La Solitudine. Sensazione strana forse perché inaspettata.
È la parte rivelatrice che disarma…. Premettendo che ognuno è libero di fare ciò che vuole, cioè di scegliere se fare o non fare, è evidente che la malattia fa paura, il tumore fa paura. Ma questo è lecito, è normale. Sono le scuse, i “mi dispiace”, che non ci stanno. Così si conoscono le persone, si rivelano, anche senza chiederle nulla, le amicizie, e qualcuno sparisce, all’improvviso, nel momento in cui avevi piú bisogno. Ma la vita è strana e così come ti toglie ti dà e entrano nella tua vita persone nuove, quelle giuste …
Quando sei malata di cancro pensi di poter, anzi dover, fare tutto da sola. È una forma di protezione per le persone che si amano. Gli altri non possono capire..
È vero, non potevano capire cosa mi stava succedendo e all’inizio non volevo l’aiuto di nessuno ma… Non era un aiuto pratico quello di cui avevo bisogno, in questo percorso quello che mi ha aiutato è stato l’affetto di chi mi chiedeva come stai? e ascoltava la mia risposta, di chi non riceveva risposta ad una telefonata e richiamava il giorno dopo e se c’era bisogno anche il giorno dopo ancora!
Ti fa sentire sola chi non vuole parlare del cancro, non vuole sapere e pensa di distrarti raccontando banalità. Beh in questo caso ho provveduto personalmente a tenere lontana certa gente!
Un capitolo a parte è mio padre.
Non è più fisicamente accanto a me da 7 anni ma io lo sento vicino. Alcune notti lo sogno in situazioni vissute insieme altre volte sembra proprio che mi parli.. ” Marina hai controllato la macchina? (era una sua fissa!) L’olio? …” La prima volta che è successo avevo quasi paura ad andare a controllare ma la curiosità era troppo forte! Beh l’asticella dell’olio era completamente asciutta! Dopo quella volta è successo ancora e il mio papà aveva sempre ragione! Anche nel periodo della chemio, in quelle notti insonni, agitate, in cui non vedevo l’uscita da quest’incubo era sua la voce che mi diceva di non mollare, di stare tranquilla perché sarebbe andato tutto bene…
Un altro dettaglio da non trascurare per una donna malata di cancro e per tutti i malati di patologie gravi è lo Stato. La mia fortuna è stata quella di essere stata assunta in una ditta di un amico con un contratto a tempo indeterminato e così ho potuto usufruire del periodo di malattia. Il termine “periodo” è terribile perché definisce un tempo che finisce e con lui quello che era il mio sostentamento economico. Stavo ancora facendo la chemioterapia con tutti ma proprio tutti i suoi effetti ccollaterali ed il mio unico pensiero era quello di arrivare alla meno peggio alla fine della giornata, sarebbe stato un giorno in meno alla fine di quel devastante periodo, e la mia amica e consulente mi riporta alla realtà: il periodo di malattia era finito, 180 giorni passati tra operazione e terapia ed io che ero uno straccio di donna non potevo tornare a lavoro.
Mi trovo ad dover affrontare una burocrazia assurda con, e mi dispiace doverlo dire, dipendenti pubblici inadatti e incapaci a dare risposte e risolvere problemi diversi dalla loro routine. Tu, malata e sfinita, devi fornirgli documentazioni, leggi e soluzioni per quelle patetiche tutele che ti spettano.
Lo Stato. Un assente ingiustificato. Non esiste una legge che tuteli i malati di patologie oncologiche, o di altre patologie gravi, dal punto di vista lavorativo. Solo banalità come la legge 104, o le condizioni per l’ancora più patetico assegno di invalidità civile!
La malattia, il periodo di comparto, sono demandati al buon cuore dei contratti collettivi: qualche categoria, a questo punto direi privilegiata, si è adeguata e ha previsto per le patologie gravi un periodo di comparto più lungo! Per gli altri, nulla.
Ops dimenticavo le visite: la prima normale, una commissione di 4 persone, referti, valutazione dell’effettivo stato. La seconda: una persona sola, forse, credo, spero sia stato un medico, referti, verbale della prima visita e… “Mi fa vedere le cicatrici?” Oltre il danno anche l’umiliazione. Non dico altro!
La considero comunque un’esperienza positiva che mi ha tolto e mi ha dato tanto. Sono sicuramente una persona diversa, non so dire se migliore o peggiore, molto più consapevole del valore della vita, molto più concentrata sulle cose importanti, i valori e con tanta, tantissima voglia di non perdere tempo. Il nostro tempo, quello che abbiamo a disposizione in questa bella ma unica vita è l’unica cosa importante!