GROSSETO – «Non scendo in polemica, non mi interessa. Non mi interessa la politica. L’unica politica che ho a cuore è quella delle imprese agricole, quelle che rappresento e anche le altre». Antonfrancesco Vivarelli Colonna, presidente di Confagricoltura, dopo le polemiche innescate dall’intervento in cui attaccava i politici dell’opposizione che con la loro assenza avevano consentito il mantenimento dell’Imu agricola torna sull’argomento.
«Posso avere o non avere stima per i politici locali e nazionali, non è però questo il punto – prosegue Vivarelli -. Il punto è che io esisto per difendere le imprese agricole e chiunque mi abbia seguito avrà certamente notato che, con il collega della Cia Rabazzi, sono stato l’elemento scatenante di tutte le manifestazioni antigovernative sorte in ogni regione e città d’Italia in quest’ultimo periodo, a testimonianza della gravità del momento e di un malessere generale che solo un miope o una persona in malafede può non aver notato. E accanto a questo, chi mi ha seguito avrà certamente osservato i miei innumerevoli video comunicati sul web che hanno ottenuto oltre 270.000 visualizzazioni ciascuno e la trasmissione Ballarò, dove mi sono espresso con toni accesi con il Ministro Martina del PD».
«Tutto questo per dire che è lapalissiano e scontato che l’IMU sui terreni agricoli esista oggi a causa, soprattutto, del Governo Renzi del Pd, il Governo “tassaiolo” che ha aumentato la pressione fiscale agricola solo nel 2014 di oltre 760 milioni di euro, l’ho urlato nelle piazze, nei giornali ed in televisione – continua Confagricoltura -. Che l’Imu ci sia perché Renzi l’abbia voluta è oramai un fatto assodato, acclarato, inoppugnabile e scontato. Anche se ci sarebbe da domandarsi da chi il Governo Renzi sia composto? Meno ovvio è che quando si presenti l’occasione concreta di far ravvedere il Governo, che ammette attraverso i suoi esponenti di maggior rilievo, tipo il presidente della Commissione Agricoltura alla Camera Luca Sani, di aver fatto uno “scivolone” su questo argomento, su una questione così vitale come l’imu sui terreni agricoli pregressa e attuale, i responsabili dell’emendamento correttivo, che avrebbe abrogato questa tassa impagabile, coincidano con coloro il cui assenteismo pilatesco, lo faccia contemporaneamente fallire».
«Forza Italia, che avrebbe potuto far cancellare l’Imu agricola come fece in passato Berlusconi, ha proposto un emendamento in questa direzione, salvo poi non assicurarsi che la presenza dei propri senatori sarebbe stata indispensabile per far andare in porto la questione – precisa Vivarelli -. Tale comportamento lascia spazi a molti dubbi, ma non approfondirò. Questo comunque così ovvio non è. Ovvio anche invece che la “colpa” dell’imu sia attribuibile al Pd, come che chi ci avrebbe potuto salvare da questa tassa “nefanda”, Forza Italia, sia stato il responsabile di non averlo fatto, ad un passo dal successo, solo 9 voti. Paradossalmente credo che si possa dire che Forza Italia abbia salvato l’imu del Pd di Renzi».
«Il problema comunque non risiede solo nei comportamenti dubbi della nostra politica. Il problema sottovalutato e minimizzato è che le imprese agricole non ce la fanno più – racconta il presidente di Confagricoltura -. Lo dimostrano tutti i dati statistici, e che la politica spesso si faccia bella parlando di noi agricoltori, salvo poi legiferare in maniera opposta o cedere a ricatti internazionali sulla nostra pelle. Il caso si accentua su una questione così vitale come l’imu sui terreni agricoli di tutte le zone, ma soprattutto delle zone alluvionate, esposte a innumerevoli stati di calamità ufficializzati, 2 alluvioni in 2 anni, e ad incapacità produttiva circostanziale delle imprese. Come fa un’impresa alluvionata che non ha generato reddito ad avere un aumento della pressione fiscale imu, inaudito, incontrollato, sproporzionato e, secondo me, al limite del costituzionale? Ma lasciamo il tempo ai giudici per giudicare quest’ultimo aspetto».
«Non credo piaccia a nessuno essere soggetti ad una tassa ingiusta, espropriativa progressiva, malcelatamente patrimoniale che soffochi gli ultimi aneliti vitali delle imprese che, sacrificandosi senza interruzione, garantiscono motivi di vanto agroalimentare e paesaggistico, presidio territoriale ambientale, patrimonio tradizionale e culturale per l’Italia nel mondo, di cui peraltro poi tutti i “non agricoltori” fanno a gara per riempirsene la bocca. La politica non faccia passi falsi, la misura è colma, ci si ravveda presto. Il barile ha finito di essere raschiato, non siamo bancomat, non siamo mucche da mungere, semmai le alleviamo. Siamo imprese esposte a mille avversità con la voglia di lavorare e sopravvivere – conclude Vivarelli Colonna – per il bene proprio e di tutto il paese che con noi e da noi potrebbe veramente e finalmente ripartire».