FIRENZE – Non solo le associazioni di categoria. Il progetto per l’emersione e la regolarizzazione delle aziende cinesi (ma non solo loro) che oggi producono abbigliamento a prezzi stracciati grazie anche a lavoro nero, evasione fiscale e mancato rispetto delle norme su sicurezza e igiene trova nuovi partner. Anche gli ordini professionali degli architetti, commercialisti e consulenti del lavoro, dei geometri e dei periti industriali, che hanno firmato stamani a Prato un protocollo in palazzo comunale, potranno infatti patrocinare le aziende che decideranno di aderire al patto per il lavoro sicuro. Ovvero lo strumento messo in campo dalla Regione la scorsa estate per riportare dentro le regole quella fetta importante di distretto sommerso che le regole, almeno tutte, non sempre rispetta. Un progetto – assieme alle ispezioni nelle aziende, 7.700 da controllare entro il 2016 – pensato e varato dopo l’incendio che il 1 dicembre 2013 uccise nel sonno sette operai cinesi che dormivano nella fabbrica pratese in cui lavoravano.
Quasi 1.100 imprese controllate fino a dicembre
“Il lavoro sulle ispezioni va avanti e produce risultati – commenta da Firenze il presidente della Toscana Enrico Rossi -, con un’impennata peraltro anche nelle sanzioni pagate e incassate”. Il primo obiettivo è rendere più sicuri i luoghi di lavoro, per evitare che nuove tragedie si ripetano. I numeri aggiornati li ha forniti Renzo Berti, dirigente della Regione Toscana responsabile del progetto. Da settembre a dicembre in tutta l’area vasta tra Firenze, Prato e Pistoia sono state controllate 1096 imprese (cinquanta in più di quelle programmate): in 142 casi gli ispettori della Asl si sono trovati davanti a cancelli chiusi e imprese che non esistevano più, delle altre solo un terzo è risultato in regola (a Prato il 20%, su 427 controlli).
Il patto per il lavoro sicuro diventerà un modello
I controlli stanno avendo il loro effetto. Le prescrizioni hanno riguardato per lo più macchine e impianti elettrici, a seguire dormitori e cucine abusive: irregolarità non sempre della stessa gravità, tant’è che solo 76 aziende sono state chiuse e sequestrate. “Ma adesso – prosegue Rossi – anche il patto per il lavoro sicuro potrà fare un ulteriore passo in avanti, grazie all’adesione degli ordini e dei collegi professionali. Con loro sarà assicurato un nuovo contributo alla sua diffusione e dunque all’emersione e al rientro nella piena legalità di una fetta importante del distretto tessile che ora vive sommersa. Il che aiuterà a crescere Prato e l’economia toscana, con vantaggi per tutti”. “Anzi – aggiunge il presidente, che ringrazia tutte le associazioni di categoria e dei professionisti che stanno collaborando al progetto – il patto potrebbe diventare il modello da esportar e in altri territori e realtà”.
In questi mesi a Prato hanno già aderito 88 imprese, altre 8 tra Firenze, Pistoia e Empoli. Centosettantaquattro erano le aziende che avevano firmato la pre-adesione. A sottoscrivere stamani il protocollo, come sostenitori dell’iniziativa, c’erano anche i rappresentanti degli Ordini degli avvocati, dei farmacisti e dei medici e il Pin di Prato.