FOLLONICA – «Non è assolutamente una giornata di soddisfazione ma di grande preoccupazione. Si tratta di una sentenza pesante e grave, che pone in discussione la tutela e la salute dei cittadini. Tutela che vogliamo perseguire in tutti i modi e fino in fondo. Di tutti i cittadini, anche dei dipendenti». A parlare è il sindaco di Follonica, Andrea Benini che si dice preoccupato per i dipendenti specie in un momento di grave difficltà economica come quella che stiamo vivendo.
«Questo è un fardello pesante per il nostro territorio – prosegue Benini con il pensiero rivolto ai 60 lavoratori -. L’unica soddisfazione è il pensiero a tutte le persone che si sono impegnate per questa causa, Franco Zuccaro, Eleonora Baldi, ma anche le molte associazioni che hanno perseguito l’interesse pubblico e hanno voluto proteggere la salute pubblica che deve essere il nostro unico faro».
La sentenza, in alcuni passaggi, sottolinea come «lo stato di salute delle popolazioni coinvolte e le condizioni dei corpi idrici presenti nell’area interessata dallo stabilimento in questione non siano state convenientemente disaminate e considerate. Il Comune di Follonica, mediante il suo consulente, ha infatti contestato nel corso dell’istruttoria lo studio di Scarlino Energia del 2007, ossia ad epoca risalente rispetto a quella dell’impugnata autorizzazione: dalla medesima relazione, si evince che, per quanto attiene alle concentrazioni di diossine e DL-PCB, “tutti i valori nei campioni di latte sono superiori ai valori nelle zone di controllo” e che “su sei campioni nelle zone sensibili uno è superiore al limite AL e uno è pari al limite, quindi il 30% dei valori di PCDD/PCDF TEQ è uguale o superiore al limite AL”»
Per quanto riguarda la diossina, poi, la sentenza riporta come lo studio del Comune di Follonica consenta «di acclarare che i valori della popolazione di Follonica e di Scarlino arrivano a oltre 45 ppt contro i 6,7 della popolazione femminile degli Stati Uniti. Questo dato, pur non avendo acquisito un rilievo oggettivo sulla base di disposizioni di legge – prosegue la sentenza – ha comunque un rilievo sotto il profilo procedimentale, poiché ragionevolmente evidenzia un consistente livello di esposizione della popolazione coinvolta dall’impianto per cui è causa, livello di esposizione che non è stato, di per sé, valutato e considerato adeguatamente in sede di rilascio dell’A.I.A».
La sentenza rileva anche l’assenza di uno studio epidemiologico dell’area interessata dalla realizzazione dell’impianto riportando un’indagine svolta dall’Asl tra il 2000 e il 2009. «Indagine che la stessa Asl definisce peraltro non ottimale e dalla quale si rileva che nel lasso di tempo considerato sussisterebbe un incremento dl 36% dei tumori alla vescica per la popolazione maschile e del 117% per quella femminile, oltreché un sensibile incremento di nascite premature e di ricoveri per linfoma non-Hodgkin».
«Da tutto ciò consegue pertanto che, essendo primarie le esigenze di tutela della salute rispetto alle pur rilevanti esigenze di pubblico interesse soddisfatte dall’impianto in questione, il rilascio dell’A.I.A. – qualora siano risultati allarmanti dati istruttori – debba conseguire soltanto all’esito di un’indagine epidemiologica sulla popolazione dell’area interessata che non può per certo fondarsi sulle opposte tesi delle attuali parti processuali e sugli incompleti dati istruttori ad oggi disponibili – oltre a tutto riferiti a situazioni ormai risalenti nel tempo – ma che deve essere condotta su dati più recenti e ad esclusiva cura degli organismi pubblici a ciò competenti».
«Anche tutta l’istruttoria relativa alle condizioni del Canale Solmine va rifatta, considerata inadeguata, stante la rilevata concentrazione ab origine di PCDD e PCDF dei fanghi dell’impianto di trattamento di scarico in misura superiore di almeno due ordini di grandezza rispetto a quella rilevata per gli altri scarichi presenti nel canale emissario da parte dell’A.R.P.A.T, nonché le parimenti rilevate concentrazioni di idrocarburi policiclici aromatici in misura comunque superiori a quelle consentite e le morie di pesci (1° dicembre 2012) determinate dalla mancanza di ossigenazione e dall’aumento della temperatura dell’acqua, ragionevolmente incrementabile – quest’ultima – per effetto dell’apporto dato dall’inceneritore».