di Barbara Farnetani — Tweet to @Babi_Farnetani
GROSSETO – Era il 4 novembre del 1966. 48 anni fa la città veniva invasa dall’acqua e dal fango esondati dall’Ombrone. Giorni e giorni di piogge continue; i fiumi si erano ingrossati, i terreni erano ormai fradici, i campi allagati, nelle campagne la terra fangosa affondava sotto gli stivali. Poi alle 7.45 il fiume ruppe gli argini in tre punti e la città fu invasa dall’acqua: abitazioni, locali, bar. Il corso come un fiume con le case a fare da argine, le cose, gli oggetti trascinati via dall’acqua che raggiunse anche i tre metri. Ma anche le campagne furono devastate. Quando le acque si ritirarono lasciarono un carico di morte: gli animali, le mucche delle fattorie, tutte annegate. E per salvare la mandria morì anche il buttero della fattoria Acquisti, a Braccagni, Santi Quadalti che si gettò nelle acque per aprire il recinto e far fuggire gli animali e invece perse la vita assieme a quelle bestie che voleva salvare.
E proprio oggi, nel sud della provincia, è attesa un’altra ondata di maltempo, perché in Maremma, a 48 anni esatti di distanza la pioggia fa ancora paura. Perché nonostante siano passati tanti anni non siamo ancora riusciti a convivere con i fiumi che scorrono attraverso la nostra terra, né a mettere in sicurezza quella che è, appunto, una piana alluvionale. E invece che essere più sicuri nelle nostre case, sulle nostre strade, negli ultimi anni il bilancio di sangue è tragicamente aumentato, come hanno dimostrato gli ultimi tre anni, con cinque morti nel 2012, due, un padre e un figlio svizzeri travolti con la loro auto, nel 2013, e le due sorelle annegate solo qualche giorno fa allo Sgrillozzo (la foto di questo servizio fa parte dell’archivio della famiglia Cutini).