Grosseto – La Provincia di Grosseto sta valutando se esistono le condizioni giuridiche per adottare un’ordinanza contingibile e urgente che imponga il mantenimento in attività del Tas (sistema di trattamento delle acque di scarico) di Scarlino Energia, che processa anche i reflui dei ciclo produttivo di Solmine, le acque di falda estratte da Sindyal e gli scarichi civili di Tioxide.
La valutazione è molto complessa anche perché, diversamente da quella emessa nel novembre scorso (in occasione della sentenza del Tar), questa volta ci sono tre variabili di cui tenere conto: il periodo di tempo di chiusura dell’impianto di Scarlino Energia è presumibilmente di almeno 6 mesi; la Provincia può emettere un’ordinanza solo motivandola sulla base di accertati rischi ambientali, ma non può imporre sic et simpliciter il mantenimento di un’attività di natura industriale; esiste il problema dell’imputazione degli oneri economici per il funzionamento del Tas. Tutte questioni che hanno conseguenze. Martedì prossimo, peraltro, Scarlino Energia dovrà fermare l’impianto, una volta smaltito il Cdr residuo.
«La prima valutazione da fare – spiega il presidente Marras – sulla quale stanno lavorando gli uffici e l’Arpat, riguarda il potenziale danno ambientale che deriverebbe dalla chiusura del Tas, anche alla luce degli argomenti esposti dal consulente del comune di Follonica alla base della sentenza del Consiglio di Stato. Un’ordinanza contingibile e urgente, se sussistono evidenti ragioni di natura ambientale, è peraltro uno strumento utilizzabile per un arco di tempo limitato, e a fronte di almeno sei mesi di stop all’impianto esiste il problema della copertura dei costi per il funzionamento del Tas, circa 450.000 euro all’anno, che sono sempre stati sostenuti dalle aziende che lo utilizzano. È chiaro che, nel caso non venisse trovato un accordo fra tutti i soggetti, questi costi non potrebbero essere sostenuti dall’Amministrazione provinciale.
Nel caso in cui queste condizioni non si verificassero, poi, ci sarebbe un ulteriore grave problema, che si affiancherebbe a quello del blocco del ciclo produttivo di Solmine e dell’interruzione della bonifica delle acque di falda che sta facendo Sindyal. In quel caso le acque reflue del depuratore civile di Follonica e Scarlino non potrebbero più essere convogliate nel canale industriale Solmine, perché queste devono essere immesse in un corpo idrico esistente che ne diluisce la concentrazione. Con il blocco del Tas verrebbe infatti meno l’apporto dei 15.000 litri d’acqua pompati ogni ora nel canale che sbocca a mare. La soluzione alternativa prevista dalla legge, ad oggi inesistente, è in questo caso la dispersione in mare dei reflui depurati attraverso una tubatura sommersa che sbocchi ad almeno 300 metri dalla costa e sia ancorata ad un fondale di almeno 25 metri.
Se non fosse possibile dare continuità d’impiego al Tas, quindi, al netto dei problemi per l’area industriale, i sindaci di Follonica e Scarlino, in quanto autorità sanitarie competenti, si troverebbero a dover decidere se emettere un’ordinanza in deroga alla legge per consentire lo sversamento dei reflui del depuratore civile nel canale Solmine in assenza della normale portata d’acqua».