di Lorenzo Falconi — Tweet to @LoreFalcons
GROSSETO – Il passaggio di mano si è verificato proprio alla vigilia di Ferragosto, poco prima dell’inizio della stagione ufficiale. In 14 anni di gestione Camilli, il Grosseto ha raggiunto il suo punto più alto della storia centenaria, ma alla fine l’addio è arrivato dopo un periodo tribolato, vissuto tra l’esasperazione della tifoseria e la voglia, oltre alla necessità, di dire basta. Come ogni addio non è stato dei più semplici ed è giunto dopo tanti tira e molla, o forse ripensamenti, gli stessi che hanno a lungo contraddistinto il rapporto di Camilli con il Grifone. Tante volte ha detto basta, tante volte è tornato sui suoi passi. Questa volta non è stato così e le strade del Grosseto e del Comandante si sono separate.
Dal punto di vista sportivo, come detto, Camilli ha preso per mano il Grifone e lo ha condotto a vette inesplorate. Arrivato con la squadra in Serie D, ha riportato il Grosseto tra i professionisti, malgrado non sia mai riuscito a vincere quel campionato che gli è sempre sfuggito di un soffio. Ottenuto il ripescaggio però, è iniziata la splendida cavalcata dei biancorossi che hanno fatto la storia dei colori sociali. Un rapporto difficile con i play-off, anche questi mai vinti, ma un miglioramento continuo dal punto di vista dei risultati, con il Grosseto sempre più su, anno dopo anno. Tanti cambi, tra i giocatori, tra i direttori sportivi, ma soprattutto in panchina, per una ricetta che però ha funzionato, portando diretti alla promozione in Serie B, ottenuta nella storica partita di Padova. Tra i cadetti i biancorossi trascorrono 6 anni straordinari con la massima serie sfiorata e persa ai play-off, ancora loro, in una partita contro il Livorno che persino oggi fa sempre discutere. Poi la parabola discendente, fino alla dolorosa retrocessione e gli ultimi campionati vissuti con un parziale distacco e sempre più assenze sulla poltroncina riservata allo Zecchini. Un chiaro segnale del cambiamento progressivo e della volontà di abbandono.
Dal punto di vista umano, invece, Piero Camilli ha prima unito e poi diviso la piazza. I risultati eccellenti ottenuti sul campo sono stati tradotti in un consenso senza precedenti, al punto che Grosseto, per tanti anni, è stata una piazza indubbiamente “presidenzialista”. A volte assoggettata alle scelte di Camilli che, in alcuni frangenti, è stato osannato a prescindere. Un consenso che progressivamente è sceso in termini di gradimento, quando le prestazioni sul campo della squadra sono venute meno e gli errori di gestione sportiva, di conseguenza, sono diventati più evidenti. Negli ultimi tempi poi, l’amore si è a tratti trasformato in odio, sentimenti contrastati che hanno sempre accompagnato il percorso del Camilli presidente nel rapporto con la tifoseria. Un trattamento che, per quanto fatto dal punto di vista calcistico, appare un paradosso, anche se gli ultimi tempi sono divenuti strazianti, sia per Camilli che per la tifoseria. Atteggiamenti che forse, da entrambe le parti, hanno aiutato la separazione, rendendola certamente meno dolorosa.
Alla fine dei 14 anni di gestione Camilli però, non sarà facile voltare pagina. La nuova proprietà avrà il difficile compito di mostrarsi subito all’altezza e dovrà convivere con il fantasma ingombrante di un presidente che ha fatto la storia, la piazza, invece, intesa come tifoseria e senso di appartenenza, sarà chiamata a sostenere la squadra e a essere partecipe sotto tanti aspetti. L’epoca Camilli, per certi versi, ha forse fatto adagiare anche il cuore pulsante del tifo. Perché Camilli è stato un presidente “totalitario” che ha sempre fatto e disfatto a proprio piacimento, godendo di una fiducia cieca, avendo sempre rappresentato una garanzia granitica per le sorti del Grosseto. Da domani non sarà più così, il Grifone volta pagina e si apre un nuovo capitolo, con la speranza che non sia contraddistinto dall’incertezza.