di Silvano Polvani
Nella mattinata di domenica 22 Febbraio 1959 il prefetto di Grosseto dottor Marchigiano emanava un decreto di sospensione nei confronti di Mario Garbati dalle funzioni di Sindaco del comune di Gavorrano. Il decreto prefettizio giungeva due giorni dopo dalla denuncia fatta dal commissario di Pubblica sicurezza di Gavorrano nei confronti del Garbati, reo di avere istigato i contadini coltivatori diretti di Pian D’Alma a non pagare la prima rata delle tasse e le quote della Cassa Mutua. Abuso di potere “potrebbe verificarsi l’eventualità dell’insorgenza del pericolo di possibili future turbative dell’ordine pubblico” riportava il decreto e così l’aveva interpretato il Prefetto, per questo lo aveva sollevato dall’incarico creando una forte indignazione fra la popolazione che immediatamente chiese la sospensione del decreto.
Il dottor Marchigiano, da poco a Grosseto, già si era fatto notare con una circolare prefettizia con la quale disponeva che i sindaci non dovevano tenere pubbliche assemblee sui bilanci di previsione, o quella tendente ad impedire il lavoro degli amministratori chiedendo loro di deliberare preventivamente le missioni, guadagnandosi il giudizio, e in tal senso veniva contestato, di porsi come ostacolo nello svolgersi della vita democratica delle istituzioni.
Le proteste contro questo atto definito “illegittimo” furono immediate e vibranti, telegrammi di solidarietà giunsero al comune di Gavorrano, fra i tanti che presero posizione contro il decreto scrivendo al Prefetto ricordo il sindaco socialista di Follonica Osvaldo Bianchi, come pure il presidente della provincia Mario Ferri. L’onorevole Mauro Tognoni rivolse un’interrogazione al Ministro degli Interni.
Si era voluto colpire un uomo, il Garbati, che non era andato mai a genio né alla Montecatini, né al locale commissario di Pubblica sicurezza come al Prefetto. Garbati rappresentò negli anni ‘50 un punto di riferimento per i minatori della Maremma. Non a caso nell’Aprile del 1951 a Torino in occasione del convegno nazionale organizzato dalla CGIL sullo “Sfruttamento della masse operaie” il Garbati parlò a nome dei minatori maremmani dimostrando come le pessime condizioni dei minatori delle nostre miniere erano causate dall’applicazione del cottimo collettivo individuale “…Mentre la situazione economica si va aggravando in modo spaventoso, mentre la disoccupazione aumenta, mentre i prezzi al consumo salgono ed il misero guadagno dei minatori non consente di dare il giusto e necessario sostegno alle proprie famiglie. La società Montecatini non interviene neppure per migliorare le condizioni ambientali in quei cantieri ove infiltrazioni d’acqua e alta temperatura aumentano disagi e rischi per il minatore: anche per questo i minatori della Maremma sono in agitazione e proseguiranno senza paura e con risolutezza contro lo sfruttamento del lavoro, in attesa che vengano capite ed accolte le proposte e le richieste avanzate da questa classe operaia in grado anche di dirigere fabbriche e miniere, con una politica che assicuri occupazione, incremento di produzione e migliori livelli del tenore di vita”.
L’indignazione dei cittadini di Gavorrano, assieme alle proteste di molti rappresentanti delle Istituzioni, fecero si che Garbati venisse reintegrato il 22 di Marzo, un mese esatto dal provvedimento di sospensione.