GROSSETO – «I comportamenti contestati alla madre e alle due compagne di stanza non sono, allo stato, da mettersi in relazione causale con la morte del bambino» la Procura della Repubblica, che aveva disposto il fermo delle tre donne che si trovavano sulla nave da crociera, spiega i motivi che hanno portato ad applicare questa misura.
Secondo la Procura i tre fermi emessi il 20 maggio sarebbero scaturisti da un “grave quadro indiziario”. «Il sopralluogo nella cabina, la ricognizione cadaverica del bambino deceduto, l’analisi delle telecamere di sicurezza, le dichiarazioni del personale presente all’interno della nave, consentivano di accertare che la madre del bambino (che aveva presentato un certificato medico falso onde potersi imbarcare, pur essendo al nono mese di gravidanza e dovendo affrontare sei mesi di navigazione) e le sue due compagne di stanza avevano celato la gravidanza della prima, che aveva affrontato il parto senza alcun ausilio medico (pure presente sulla nave) e tenuto nascosto il bambino per due giorni, privo di qualsivoglia assistenza sanitaria, di vestiti, pannolini e quant’altro utile alla gestione dei primi giorni di vita del neonato; lasciato il neonato solo in cabina durante i loro turni di lavoro, cabina priva di prese d’aria e delle dimensioni di circa tre metri quadri. Tale condotta è proseguita sino alla constatazione del decesso del neonato da parte del comandante della nave ed è stata determinata dal timore di subire conseguenze pregiudizievoli sul luogo di lavoro» prosegue la Procura.
Il quadro descritto ha portato la Procura «a ritenere che vi fosse stata un’accettazione deliberata, da parte delle tre donne, del rischio di mettere in pericolo la vita del neonato, al solo fine di evitare di perdere il posto di lavoro (l’accusa era quella di omicidio ndr). Si emettevano quindi decreti di fermo, alla luce della concreta esistenza di un pericolo di fuga, tenuto conto che le persone coinvolte erano di nazionalità straniera, senza radicamento sul territorio nazionale, imbarcate su una nave che stava lasciando le acque nazionali».
Fermo che, nel caso delle due compagne di stanza, però, non è stato convalidato dal Giudice (ndr).
Successivamente, nella mattinata del 24 maggio, effettuate le operazioni autoptiche, alla luce delle preliminari considerazioni peritali che hanno evidenziato la possibilità di una morte naturale, questa Procura ha chiesto immediatamente la scarcerazione della madre del bambino deceduto in quanto i comportamenti contestati alla madre e alle due compagne di stanza, pur essendo sussistenti, non sono, allo stato, da mettersi in relazione causale con la morte del bambino».