PORTO SANTO STEFANO – Il corpicino nascosto in un armadietto quando la madre non c’era, la placenta fatta sparire, forse bruciata, la sofferenza di quel piccolo essere che avrebbe meritato di più. E forse la sofferenza anche della madre.
Sono ancora molti i punti da chiarire nella vicenda. Anche perché la donna, 28 anni, di origine filippina, non parla italiano. Al più inglese. Oltre al fatto che al momento dell’arresto era sotto choc.
Il bambino sarebbe nato venerdì, in una cabina di servizio che la donna condivideva con due altre dipendenti della compagnia di navigazione, straniere anche loro.
Non è chiaro se il bambino sia nato o meno a termine, e neppure come nessuno a bordo si sia accorto di questa gravidanza. Probabilmente la donna ha nascosto tutto per il bisogno di lavorare, forse sperando di riuscire a tenere la situazione sotto controllo.
Il bambino quando la madre non era in stanza sembra venisse tenuto dentro un armadio ma la donna avrebbe detto di non aver chiuso mai completamente gli sportelli “per farlo respirare”.
La donna dopo il parto avrebbe fatto sparire la placenta forse gettandola in un inceneritore di bordo. Quelli dove finiscono i rifiuti.
Nel frattempo è stata affidata l’autopsia per stabilire le cause della morte e se si sia trattato di un gesto volontario o se il bambino sia morto di stenti o di qualche problema di salute sorto dopo il parto.
La donna è assistita dall’avvocato Giovanni Di Meglio.