GROSSETO – “Buona gente di Maremma: santa Pasqua! Il mio augurio nasce da un desiderio: provare a comunicarvi la ragione profonda per cui facciamo Pasqua”. Così inizia il messaggio augurale di Giovanni Roncari, vescovo di Grosseto e di Pitigliano-Sovana-Orbetello.
“E vorrei farlo partendo da una domanda – prosegue -: le ferite che ci infliggiamo reciprocamente nel quotidiano; quelle che i popoli si provocano l’un con l’altro; quelle che le nostre relazioni umane subiscono, possono diventare feritoie di luce e di speranza? Il nodo della Pasqua è tutto qui: è riconoscere che, sì, non solo è possibile, ma che è già accaduto. Ed è accaduto perché ‘Dio ha tanto amato il mondo da mandare il suo Figlio’ e perché quel Figlio ‘avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine’. Siamo noi ‘i suoi’ che sono nel mondo, anzi: è ciascuno di noi”.
“Allora queste parole non sono rivolte genericamente a tutti, ma ad ognuno di voi, con la speranza che mi nasce nel cuore che ciascuno, anche solo per un istante, sia raggiunto da quell’amore che è arrivato alle estreme conseguenze – afferma il vescovo -. Oggi, di fronte a quello che la cronaca quotidiana ci propone, siamo portati a difenderci al punto, talvolta, di diventare cinici pur di non soffrire. Dico però che non ce lo possiamo permettere! Non possiamo stare sulla difensiva, né limitarsi all’analisi. Occorre, invece, sapersi mettere continuamente in gioco, con l’impegno personale per ciò che davvero vale e nella tessitura di un tessuto sempre più a maglie strette”.
“La Pasqua cristiana – dichiara Roncari – ci dice che in un momento preciso della storia e in un luogo specifico della terra, Dio si è mostrato nel modo più bello che poteva: amandoci, dando tutto, fino all’ultima stilla di sangue. A noi non è chiesto di dare la vita fino a morire, ma di dare il meglio che possiamo, questo sì. Che, allora, questa Pasqua ci aiuti a vedere oltre le ferite: quelle nostre personali, quelle del nostro territorio, quelle del mondo intero. E cosa c’è o può esserci oltre le ferite? La luce della vita, che irrompe e restituisce slancio”.
“Fare Pasqua è dire che c’è un di più di speranza, di amore, di libertà che ci attende per vivere nella prospettiva del Maestro di Nazareth, venuto nel mondo a mostrarci che la croce (per dirla col vescovo Tonino Bello) è solo una “collocazione provvisoria”, poi saremo tutti deposti da lì e “il buio cederà il posto alla luce e il sole della Pasqua irromperà tra le nuvole in fuga”.
“Auguri, allora, a ciascuno – conclude -, in particolare ai crocifissi della nostra terra, a chi è malato, a chi non spera più, a chi vive l’angoscia del domani, alle donne violate nella loro dignità, ai bambini che non si sentono amati. Che il Signore conceda a me e a voi di celebrare questa Pasqua con fede e gioia, portando nella nostra vita il segno evangelico della serenità e della pace, di cui c’è tanto bisogno. Cristo è risorto”.