GROSSETO – In quali condizioni di salute si trova il Terziario nella provincia di Grosseto? Si potrebbe rispondere: “non proprio benissimo”, stando all’ ultima indagine condotta da Format Research per Confcommercio Toscana nell’ambito della quale sono state intervistate anche imprese maremmane.
Un dato che riassume un po’ il concetto di una economia che fatica è quello relativo all’aumento dei prezzi ai fornitori combinato con il dato che certifica, nel confronto con il 2023, una riduzione dei ricavi. In generale, inoltre, a livello regionale ci sono anche altri segnali poco incoraggianti: diminuisce il saldo tra aziende nuove nate e cessate, si riducono ricavi e occupazione e cala ovviamente la fiducia nell’andamento dell’economia e della propria attività.
“Le imprese ce la stanno mettendo davvero tutta per uscire dallo stallo degli ultimi anni – commenta Giulio Gennari, presidente Confcommercio Grosseto – ma spesso sembra di stare dentro a una spirale infernale: superate tutte le difficoltà ne spunta subito qualcun’altra. Continuiamo ad affidarci al nostro spirito di resilienza confidando sempre in politiche ancora più attente da parte di chi ha la responsabilità di prendere decisioni”.
“La situazione – commenta Gabriella Orlando, direttore Confcommercio Grosseto – è cambiata dal secondo semestre 2023, dopo gli effetti euforici della ripresa post pandemica. La previsione degli operatori per il primo semestre 2024 è di sostanziale stabilità con cenni di cauto ottimismo soprattutto nei comparti turismo e ristorazione, che confidano nell’arrivo della bella stagione, e dei turisti internazionali, per riprendere lo slancio. Insomma, le aziende faticano e vanno avanti, ma senza certezze”. Per questa ragione si rileva un certo grado di preoccupazione: oltre all’inflazione, all’aumento dei costi e al calo dei consumi interni, ci sono i dubbi legati alla stabilità politica internazionale e agli sviluppi dei conflitti in corso.
“Le incertezze del quadro macroeconomico ed internazionale, il persistere dell’aumento dei prezzi dei fornitori, il calo dei consumi, le tensioni sul fronte del credito che non accennano ad allentarsi (meno credito disponibile e più costoso) mettono alla prova il tessuto delle imprese del terziario della Toscana” commenta il presidente di Format Research Pierluigi Ascani, il quale aggiunge: “Nonostante il rallentamento della crescita registrato al termine del 2023, le imprese toscane tuttavia non riducono le proprie aspettative in vista della prima metà del 2024 sia in termini di miglioramento dell’andamento della propria attività economica, sia in termini di ricavi: in qualche modo le imprese del commercio, del turismo e dei servizi della Toscana scommettono su se stesse e continuano a credere nel buon andamento delle proprie attività e questo è un bel segnale”.
Il terziario in Toscana rappresenta il 66% delle oltre 281mila aziende extra agricole attive a livello regionale. Nel confronto 2023-2022 è leggermente aumentato il numero delle nuove imprese iscritte agli elenchi camerali (+ 7.243 nel 2023, erano +6.991 nel 2022), ma è aumentato anche quello delle cessazioni (15.521 nel 2023, contro le 12.644 del 2022). La natimortalità presenta dunque un saldo negativo in peggioramento rispetto al 2022 (-8.278, erano -5.653 nel 2022). Il comparto più in difficolta è quello del commercio, che in un anno ha registrato a livello regionale un saldo negativo di 4.378 imprese.
Sul versante dell’occupazione, si registra un lieve decremento nel secondo semestre 2023, con una previsione di stabilità nella prima metà del 2024. In ripresa nel 2024 anche i prezzi applicati dai fornitori, che erano invece in calo a fine 2023.
L’indagine condotta da Format Research ha poi dedicato un focus dettagliato al rapporto tra il terziario e il credito. La percentuale di imprese che ha effettuato domanda di credito è in lieve flessione. Tra queste, il 64% circa ha visto interamente accolta la richiesta, il 10,6% accolta in misura inferiore, il 7% non accolta. Il giudizio sui tassi di interesse si conferma in netto calo, un dato che rispecchia il trend registrato a livello nazionale. In calo anche i giudizi espressi dagli imprenditori sugli altri aspetti relativi al credito, come il costo dell’istruttoria, la durata temporale, le garanzie richieste dalle banche a copertura dei finanziamenti concessi e il costo dei servizi bancari. Il peggioramento dei giudizi sul credito degli imprenditori del terziario toscani, registrato nel secondo semestre 2023, si allinea perfettamente alla tendenza nazionale.
Per ottenere credito, otto imprenditori su 10 (84%) si sono rivolti direttamente alla propria banca principale di riferimento, nel 48% di casi per affrontare investimenti a medio-lungo termine e nel 35% per esigenze di liquidità. Le più propense agli investimenti sono le imprese del turismo (84,1% delle domande di credito), seguite a lunga distanza da quelle dei servizi e del commercio. Per tutti, lo strumento Confidi si è rivelato utile per ottenere il credito più rapidamente e a costi inferiori.
Quasi quattro imprese toscane del terziario su 10 (36,7%) sono poi ricorse alle agevolazioni pubbliche per ottenere un finanziamento. Nel dettaglio, il 26,7% è ricorso al fondo di garanzia per le Pmi, il 10,7% a contributi pubblici e l’1,6% alla moratoria dei debiti. Distinguendo per macrosettore, le imprese che hanno maggiormente sfruttato l’opzione delle agevolazioni pubbliche sono quelle dei servizi, che sono ricorse soprattutto a contributi pubblici (32,1%). Le imprese del commercio e dei servizi, invece, hanno fatto ricorso in particolare al fondo di garanzia per le Pmi (rispettivamente 28,5% e 27,4%).
Oltre la metà delle imprese che hanno ottenuto un finanziamento ha incontrato delle difficoltà. La conseguenza principale è stata un maggior indebitamento bancario (29,9%), seguita dalla difficoltà di evadere i pagamenti (18,4%) e una riduzione/rinuncia nel realizzare gli investimenti programmati (5,9%). L’aumento del costo del credito ha creato problemi soprattutto nel comparto del commercio. Tra le conseguenze negative è stata segnalata anche la difficoltà nell’assumere nuovo personale (per il 7,8% delle imprese dei servizi).