SCARLINO – Il Comune di Scarlino dice “sì” alla concessione, e successiva vendita, di un terreno alla Venator. Lo ha deciso il Consiglio comunale in una seduta straordinaria oggi pomeriggio, 25 marzo.
L’atto di indirizzo è stata votata all’unanimità da tutti i consiglieri comunali.
Il Consiglio comunale ha quindi approvato l’atto di indirizzo per la modifica della concessione del 2023 con la quale autorizzava lo stoccaggio temporaneo dei gessi rossi. Con questo atto, il Consiglio comunale ha stabilito che i 10 ettari residuali dei 20 dati in concessione possano essere destinati a discarica permanente, in attesa dell’avvio del progetto della Vallina a Gavorrano.
La concessione nasce dalla nota esigenza dell’azienda, che dallo scorso 1 giugno 2023 ha fermato la produzione, di stoccare il proprio prodotto di scarto della produzione di biossido di titanio, i cosiddetti gessi rossi.
Nella delibera del consiglio si legge che «l’acquisizione mediante concessione di una superficie non inferiore a 20 ha da utilizzare ai fini “dello stoccaggio e della conservazione del rifiuto speciale non pericoloso identificato con il codice CER 061101 genericamente denominato “gesso rosso” con un’offerta economica di 5.000 euro per ettaro e durata della concessione 5 anni tacitamente rinnovabili per un massimo di 10 anni».
Il terreno, adiacente allo stabilimento, è di una superficie di 20 ettari, di cui 10 dedicati allo stoccaggio permanente, e in concessione per cinque anni (prorogabile per altri cinque). La discarica si svilupperà in sette lotti contigui, con fasi di lavorazione dedicate al singolo lotto. Ogni lotto dovrà essere prontamente chiuso e rinverdito al termine della quota raggiunta per ogni singolo lotto.
Ogni mese l’azienda dovrà comunicare al Comune il quantitativo dei gessi conferiti nei primi 10 ettari e innanzitutto acquisire le autorizzazioni degli enti competenti prima dell’avvio dei qualsiasi attività di allestimento e gestione dei gessi rossi. La concessione, inoltre, non prevede la definitiva allocazione dei gessi che dovrà essere in un luogo diverso dalla proprietà comunale in concessione.
Tra i progetti a lungo termine della Venator, come noto, c’è lo stoccaggio dei gessi rossi alla Cava della Vallina di Gavorrano, di proprietà dell’azienda. In tale luogo lo stoccaggio potrebbe andare avanti per circa dieci anni, ipotizzando l’attuale ritmo di produzione. Un periodo che potrebbe però anche aumentare significativamente, se l’azienda riuscisse a ridurre il prodotto di scarto. La concessione dei terreni comunali è quindi da considerarsi una “soluzione ponte”.
«La Venator – ha spiegato il sindaco Francesca Travison – ha fatto domanda al Comune per la concessione di un terreno per la discarica permanente finché non entrerà in funzione la Cava della Vallina. Contemporaneamente l’azienda ha presentato diversi progetti per la riduzione dei gessi rossi, che dovranno essere valutati e autorizzati dagli enti competenti. Sono dieci anni che il Comune sta cercando di salvaguardare i posti di lavoro. I dipendenti delle aziende dell’indotto sono già tutti a casa mentre i lavoratori Venator sono in cassa integrazione. Considerando che rischiamo un impatto economico e sociale davvero importante, e soltanto per la salvaguardia dei posti di lavoro, abbiamo deciso che quei 20 ettari, di cui 10 dedicati allo stoccaggio, saranno concessi all’azienda. Questo avverrà solo a condizione alla compravendita da parte dell’azienda, sperando che gli spazi basteranno fino alla presa in carico della Vallina».
Che la concessione del Comune di Scarlino sarà sufficiente per far ripartire la produzione della Venator è l’augurio dell’amministrazione comunale. In ogni caso si tratterà ancora di mesi di attesa e non avverrà prima del 2025. Attualmente sono circa 180 i lavoratori in cassa integrazione dall’1 giugno 2023.
«Oggi il Consiglio comunale di Scarlino, tutto insieme, ha dimostrato una forte volontà – aggiunge la prima cittadina -. Ci auguriamo che questo ennesimo atto da parte nostra riesca a far ripartire l’azienda e che possa assicurare lavoro a molte famiglie che, come ricordo, con l’indotto, ammontano a 700 persone. Altrimenti le conseguenze per il nostro territorio sarebbero tragiche».