FOLLONICA – «A seguito dei violenti fatti di Pisa, che hanno scioccato l’Italia, ho inviato ai capigruppo dei partiti alleati (Giacomo Manni del Partito Democratico e Mara Pistolesi di PrimaVera Civica) una bozza da mozione da discutere a approvare in Consiglio Comunale sulla necessità di introdurre i numeri o i codici identificativi per gli agenti delle forze dell’ordine».
A dirlo è il consigliere comunale e capogruppo Follonica a sinistra Enrico Calossi in una nota.
«Dopo i fatti di venerdì 23 febbraio i cittadini, non solo di Pisa ma dell’intero Paese, hanno risposto con numerose manifestazioni di condanna per i fatti e di solidarietà per i malcapitati. Inoltre numerosi esponenti sociali e politici hanno stigmatizzato la gestione dell’ordine pubblico tenutasi in quella giornata e lo stesso Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, con la solita signorilità e fermezza, ha affermato, sintetizzando, che “La violenza non è mai giustificata. Occorre garantire confronto e sicurezza” e che “l’autorevolezza delle forze dell’ordine non si misura sui manganelli ma sulla capacità di assicurare sicurezza tutelando, al contempo, la libertà di manifestare pubblicamente opinioni. Con i ragazzi i manganelli esprimono un fallimento”. Per questo, ricordando che l’Articolo 52 della Costituzione recita che “L’ordinamento delle Forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica”, vorrei presentare una mozione che impegni sindaco e giunta ad operarsi sul governo nazionale e sui parlamentari nazionali per richiedere l’approvazione di una legge in tal senso. Al momento esistono in Parlamento cinque testi depositati a inizio legislatura (due a firma PD, e uno ciascuno a firma PiùEuropa, M5s e alleanza Verdi Sinistra), inoltre anche alcuni sindacati di polizia, come il Siulp, si sono dichiarati favorevoli ai meccanismi identificativi, per appunto individuare le responsabilità delle eventuali condotte scorrette che altrimenti rischiano di ricadere sulle intere forze di polizia».
«Meccanismi di questo tipo, che non devono essere riconoscibili al largo pubblico (per garanzia della privacy) ma solo agli organi competenti in caso di violazione del principio dell’uso proporzionato della forza, sono presenti in quasi tutti i Paesi dell’Unione Europea. Addirittura in Belgio e in numerosi Paesi dell’Europa centro-orientale il nome stesso dell’agente è ben visibile sul casco o la tuta. Pertanto occorre colmare questo gap affinché lo stato di diritto sia perfettamente responsabile e affinché in caso di episodi simili a quelli del 23 febbraio solo i veri responsabili siano chiamati a risponderne».