GROSSETO – Agricoltura in crisi. Il direttore di Confagricoltura Grosseto, Livorno e Pisa, Paolo Rossi interviene sulla Pac.
«Il mondo agricolo è in fermento, come dimostrano le manifestazioni che hanno coinvolto, anche nella nostra regione, centinaia di agricoltori, rispetto a problemi atavici che da anni alcuni avevano dettagliatamente preannunciato.
Le proteste di oggi sono il risultato di anni di disagio delle imprese del settore. Un malessere sottovalutato quello degli agricoltori che si confrontano con un mercato globale e con la difficoltà che comporta lavorare in natura, sottoposti agli effetti del cambiamento climatico e con le attuali norme europee che, anziché premiare questo sforzo, costringono le imprese a ridurre la produzione.
Tra i primi a manifestare grossi interrogativi su una PAC inadeguata rispetto alle reali esigenze di produttività e competitività delle imprese agricole, fu Confagricoltura, la cui idea è oggi condivisa a livello diffuso. “Una linea intrapresa che si palesa essere giusta – è il commento del direttore di Confagricoltura Grosseto, Livorno e Pisa, Paolo Rossi -. Quella a cui stiamo assistendo è una crisi annunciata che mostra un vero e proprio fastidio, con livelli di intolleranza sempre più marcata, nei confronti di una politica agricola europea poco lungimirante. Così valutiamo positivamente l’annuncio della prossima presentazione, da parte della Commissione europea, di una proposta per ridurre gli oneri amministrativi che gravano sui produttori, visto che il sovraccarico burocratico è uno dei temi prioritari che come Confagricoltura abbiamo portato all’ attenzione delle istituzioni di Bruxelles.” Infatti, la nuova proposta elaborata dalla Commissione sarà presentata al Consiglio Agricoltura UE il prossimo 26 febbraio, e Confagricoltura annuncia di continuare a lavorare per migliorare la proposta già presentata di deroga alla destinazione non produttiva dei terreni. “Sono indispensabili modifiche incisive perché la deroga sia effettivamente operativa in tutti gli Stati membri – spiega il direttore Rossi – adottabili nell’immediato e per fornire le indicazioni fondamentali per la definizione dell’impianto della prossima programmazione. Dobbiamo agire velocemente. In tal senso le rassicurazioni dal ministro Lollobrigida su alcuni temi Pac, come gli ecoschemi e il regime sanzionatorio, rivalutano le politiche sulla condizionalità rafforzata e la soglia dei pagamenti nel nuovo contesto.” Un risultato, quello raggiunto, frutto di una costante azione sul fronte nazionale e su quello europeo che il direttore di Confagricoltura Grosseto, Livorno e Pisa, spiega con la road map che ha portato Confagricoltura al tavolo di concertazione con la presidente Ursula Von Der Leyen e alla elaborazione di una piattaforma partita dalle domande poste e dai dubbi evidenziati in quel consesso, il 25 gennaio scorso.
Come assicurare un redito adeguato agli agricoltori?
Come migliorare la sostenibilità ambientale in concertazione con il mondo agricolo? E ancora. Come favorire la diffusione della innovazione tecnologia e al contempo l’aumento della competitività dei prodotti a livello globale? “Per quando ci riguarda – aggiunge il direttore – non abbiamo eccepito nulla sulle questioni poste. Sarebbe stato comunque utile adottare con migliore sollecitudine la modifica della normativa comunitaria che vincola le imprese all’obbligo del riposo e impone la rotazione. Norme che di per sé assumono una valenza ecologica ma non rispecchiano le necessità vere di una economia agricola che deve difendere e produrre per il sostegno della popolazione. In altre parole – spiega -, la spinta ecologista avanzata in questi ultimi anni non può e non deve essere scaricata solo ed esclusivamente sul settore primario che è essenziale alla vita e al sostentamento delle persone. Occorre fortemente ripensare tutto, anche alla luce di quanto abbiamo propugnato in tempi non sospetti, quando immaginavamo gli effetti negativi di una normativa che sempre più si avvolgeva su dinamiche burocratiche ed ecoschemi, fino ad oggi non meglio definiti. Basti pensare che sulle rotazioni 2022/ 2023 e 2023/2024 (ossia la variazione delle specie agrarie coltivate su un medesimo terreno) gli agricoltori non hanno ancora certezze, costringendo i medesimi ad organizzarsi i propri piani colturali per poi ritrovarsi nella paradossale condizione di subire penalizzazioni da parte della stessa Comunità Europea. Tale improvvisazione non è più accettabile, perché le anticipazioni colturali di una impresa sono rilevanti e i ricavi, per la natura stessa della attività, si hanno spalmate su un lasso di tempo lunghissimo di un anno.” Tutta colpa di una politica agricola comune balbettante e di un green new deal, il piano per la transizione ecologica che coinvolge il settore primario, datato rispetto al contesto anche geopolitico (vedi Russia/Ucraina e adesso Mar rosso). Se a tutto questo aggiungiamo un sistema bancario che, per effetto dei rialzi dei tassi, non agevola le imprese agricole che per natura operano con il sistema dalla cambiale agraria, e un settore zootecnico che vive momenti di difficoltà in ragione della Peste Suina Africana è quanto mai indispensabile un rafforzamento del piano di contenimento della fauna selvatica e dei predatori, come pure la richiesta di snellimento per quello che riguarda le rotazioni colturali biennali che ad oggi sono assoggettate a vincoli che in alcune zone non è possibile rispettare a causa del clima o che si calano male in colture storiche in determinati areali. A fronte di tutti questi disagi che si stanno vivendo, vuoi per la burocrazia, vuoi per l’instabilità del mercato, vuoi per una economia stagnante che limita i consumi e l’inflazione che sta risalendo rispetto a quanto previsto, le imprese non hanno più una marginalità che consenta loro di generare reddito e coprire gli investimenti fatti. I governanti di ogni nazione e dell’Unione Europea, devono impegnarsi per garantire un futuro migliore alle imprese agricole dando loro la possibilità di produrre e generare reddito.
“Oggi – puntualizza Rossi – è assolutamente indispensabile un cambio di passo, forte e deciso e l’agricoltura europea si deve riappropriare del ruolo fondamentale che le compete. Come abbiamo sempre sostenuto si devono proteggere le nostre produzioni dalla speculazione mondiale e dalla concorrenza sleale dei prodotti che arrivano sul mercato europeo con costi produttivi molto più bassi. Dunque ben venga un momento serio di confronto come quello che Confagricoltura ha organizzato il prossimo 26 febbraio a Bruxelles con tutti i ministri dell’Agricoltura. Occasione che ci consentirà di esprimerci e di rimarcare le nostre perplessità sul sistema, confrontandoci sui reali bisogni.
Non c’è più spazio per i politici che si rimpallano le responsabilità. La consapevolezza delle nostre azioni ci impone e impone loro decisioni forti per il bene della collettività. L’impegno è quello di generare un’economia agricola sana e far produrre, consentendo all’Europa di essere meno dipendente dagli altri paesi, senza l’imposizione di dazi, mettendo in condizione il mondo produttivo agricolo europeo di fare il proprio lavoro. E’ ancora nitido nella mente – punge Rossi – quanto successo con la pandemia, quando tutti ci siamo resi conto della debolezza che ogni Stato ha nei confronti dei prodotti alimentari, avendo delegato a terzi le produzioni. Orbene, riappropriamoci del mercato attraverso il nostro lavoro. Diamo forza alle imprese agricole e modifichiamo le regole della Pac, permettendo maggiori produzioni, in particolare legate ai cereali. Si deve produrre di più mettendo a lavoro i terreni destinati a finalità non produttive, la cui deroga all’obbligo previsto dalla politica agricola comune, ancorché da noi sollecitata da tempo, non sia risolutiva del problema ma mitigante degli effetti nefasti di una crisi da troppo tempo annunciata e mai compresa fino in fondo”.
Il direttore Rossi ricorda ancora a chi, in maniera generalista e generica, attacca il sistema di rappresentanza agricola di non far nulla che Confagricoltura da due anni, ossia dall’avvio della nuova Pac, sostiene, sovente da sola, che vi sia una strategia completamente sbagliata, sbilanciata troppo sulla tutela dell’ambiente a discapito della sostenibilità economica di chi fa impresa agricola. “Non dimentichiamo – conclude il dirigente di Confagricoltura – che gli agricoltori per primi sono interessati al mantenimento dell’ambiente in quanto esso fornisce loro la materia prima del coltivare, mentre l’Unione europea ha dimostrato di mancare completamente di visione politica sull’agricoltura di domani, preferendo concentrarsi su assurdità come la carne coltivata, apoteosi della follia di quest’ultimo periodo. Ricordiamo altresì che le risorse destinate alla Pac dall’Unione europea non sono solo strumento per gli agricoltori, che rappresentano l’1,5 % dei cittadini europei, ma lo diventano per il restante 98.5 % degli europei che grazie all’agricoltura vedono garantita la sicurezza agroalimentare. E questo mai scordarlo.»