SCARLINO – C’era anche Filctem Cgil all’incontro convocato ieri nella sede di Confindustria Grosseto, per prendere atto della situazione di Solmine e discutere delle prospettive dell’area industriale del Casone di Scarlino.
«Come avevamo previsto sin dalla prima riunione del tavolo di crisi regionale convocato sulla vicenda di Venator – spiega Fabrizio Dazzi, segretario di Filctem Cgil – siamo arrivati alla constatazione che Solmine spa va coinvolta nella discussione al pari di Venator e delle aziende subappaltatrici. Quello che ha sottolineato il manager Luigi Mansi nel corso dell’incontro a Confindustria Grosseto, richiede pertanto un ampliamento del tavolo per cercare di scongiurare ulteriori contraccolpi di questa delicata vertenza».
«Mansi è stato chiaro – prosegue Dazzi -: trovare clienti alternativi in grado di assorbire le 170mila tonnellate di acido solforico ritirate da Venator è stato impegnativo. E l’export aggiuntivo di questo materiale in Sudafrica e America centro meridionale ha costretto l’azienda a lavorare sottocosto, con una perdita dell’unità produttiva del Casone di Scarlino di 900mila euro. Cosa che in futuro porterà l’azienda a congelare la contrattazione di secondo livello, a limitare al minimo il ricorso agli straordinari e a far usufruire tutte le ferie al personale; misure che avranno un impatto diretto sui dipendenti. Se l’azienda ha detto di poter continuare a lavorare fino al prossimo marzo/aprile a queste condizioni, ha anche esplicitato che da quel momento in poi, in assenza di un cambio di scenario, comincerà a ridurre la spesa rispetto alle aziende dell’indotto. Non escludendo nemmeno la possibilità di ricorso alla cassa integrazione guadagni (Cig)».
«A Cgil e Filctem appare chiaro che senza una ripresa produttiva del ciclo di biossido di titanio di Venator, il polo industriale del casone è destinato a contrarsi in maniera significativa, così come che non sarà sufficiente il nuovo polo dell’economia circolare di Iren Ambiente a compensare i problemi. Oggi si terrà il primo incontro a Firenze per discutere della cassa integrazione straordinaria chiesta da Venator. Ma è a nostro parere evidente che, al di là della necessità di avere nuove aree di stoccaggio autorizzate per i gessi rossi, e al di là della pur reale fase di stagnazione della richiesta di biossido di titanio, rimane la poca chiarezza di Venator rispetto alle sue intenzioni di investire per garantire la continuità produttiva dell’impianto scarlinese».
«La procedura di ristrutturazione del debito della multinazionale, protrattasi da giugno a novembre 2023, ha di fatto bloccato ogni decisione complicando le cose – conclude Dazzi -. Oggi si registra una condivisione trasversale sul fatto che i diversi livelli istituzionali e tutte le aziende del Casone coinvolte in questa vicenda prendano parte al tavolo di crisi regionale, per condividere un percorso chiaro di uscita dalla crisi che rischia di azzoppare seriamente questo territorio».