MASSA MARITTIMA – Il reinserimento nella società dopo aver scontato la pena. È questa la missione che porta avanti la direttrice della casa circondariale di Massa Marittima, Maria Cristina Morrone. Ed è anche per questo motivo che questa settimana le porte del carcere si sono aperte per un progetto molto speciale che ha coinvolto il mondo “fuori” e quello “dentro”: studenti e detenuti. Il risultato è un’opera d’opera d’arte.
Ecco, per mettere insieme tutti questi elementi, ognuno molto delicato, ci vuole un progetto, quasi una missione. E nelle Colline metallifere un’associazione nota per progetti di grande sensibilità sociale (tra le molte che operano sul territorio) è Operazione Cuore Onlus Ets di Laura Romeo, residente fisicamente a Roma, ma con un cuore che abita in Maremma.
Ma partiamo dal principio.
Nella giornata di ieri, 19 gennaio, al carcere di Massa Marittima è stato inaugurato un murale, realizzato da un gruppo di detenuti insieme agli studenti della Scuola Pontificia Pio IX di Roma in ambito del progetto “Arte senza confini”. L’opera, che decora l’intera parete della saletta comune dei detenuti, raffigura un paesaggio toscano con fiori, campi e verdi colline che sembrano non finire mai. Al centro del murale è dipinta una corda su cui è appesa una clessidra. Come per dire “Ecco, questa è la libertà, la mia casa, il mio punto di arrivo, ma per raggiungere quel punto, devo ancora attendere”.
A realizzarlo nei giorni precedenti sono stati gli studenti romani insieme a un gruppo di detenuti. Il progetto si chiama “Arte senza confini”, nasce da una collaborazione tra l’associazione Operazione Cuore e l’associazione Fratel Emanuele Francesconi e vuole lanciare un messaggio di solidarietà ed inclusione per accendere i riflettori sulla realtà degli istituti penitenziari italiani.
Il laboratorio di street art, che si è svolto da lunedì 15 a venerdì 19 gennaio all’interno del penitenziario maremmano è stato condotto dal noto artista romano Maupal, conosciuto in tutto il mondo per “Super Pope”, l’opera dedicata a Papa Francesco.
«Lavoriamo per un trattamento dei detenuti che gli permetta di reinserirsi nella società una volta fuori dal penitenziario – spiega la direttrice del carcere Morrone -. Quindi, qui arrivano i detenuti che devono scontare il residuo della loro pena prima di essere rilasciati. Il loro è un percorso verso la libertà ed è per questo che collaboriamo spesso con delle associazioni. Infatti il terzo settore è estremamente importante all’interno del nostro carcere perché diventa come un ponte, senza di loro saremmo zoppi. Un grazie particolare va all’artista Mauro Pallotta (in arte Maupal ndr.), la Scuola Pontificia di Roma e Laura Romeo di Operazione Cuore che fin dall’inizio è stata entusiasta di realizzare questo progetto. Spero che potremo collaborare anche in futuro».
I progetti di Operazione Cuore sono noti per la loro sensibilità sociale. Dal 2016 la “madrina” e presidente dell’associazione, Laura Romeo, si impegna a 360 gradi per realizzare grandi e piccoli aiuti alle persone socialmente più deboli, piccoli o grandi che siano. «Questa volta è stata un’esperienza umanamente indescrivibile – dice -, perché abbiamo capito che i pregiudizi si possono e si devono superare, basta avere cuore, coraggio e volontà. E noi in quella stanza, in questa settimana, eravamo come una scuola per i detenuti. C’era un gruppo di lavoro che si comportava come se fossero amici da una vita, è stato incredibile. Siamo stati così uniti che ci dispiace quasi andare via».
Al progetto hanno partecipato quattro detenuti e 12 studenti di quinta liceo dell’istituto romano, dieci maschi e due femmine. Per loro è stata un’esperienza non solo formativa a livello scolastico, ma soprattutto umana. Ognuno di loro era entrato in punta dei piedi, quasi timoroso, ma già dopo poche ore tra loro e i detenuti si era creata una certa complicità in cui ognuno poteva fidarsi dell’altro al fine di realizzare un’opera d’arte.
«Abbiamo voluto rappresentare un panorama che dia l’idea di libertà e più colorato possibile – spiega l’artista Maupal -, dove c’è una strada che porta verso “casa” che è un po’ il sogno di ogni detenuto. Però c’è anche un “tempo sospeso” rappresentato da una clessidra in equilibrio su una corda. Insomma, è un po’ una sintesi di quello che può pensare un detenuto qui dentro; che vorrebbe tanto tornare a casa, ma ci vuole ancora tempo».
Insomma un grande successo che ha lasciato dei segni: uno concreto e colorato sul muro e un altro emotivo, capace di superare un confine e soprattutto un pregiudizio.