ISOLA DEL GIGLIO – Dodici anni fa nelle acque del Giglio si concludeva per sempre il viaggio della Costa Concordia e nell’anniversario di uno dei disastri navali più gravi della storia d’Italia torna a parlare uno degli eroi di quella tragica notte, Mario Pellegrini, imprenditore gigliese doc, che al tempo ricopriva l’incarico di vice sindaco dell’isola.
Pellegrini, che oggi si è ritirato dalla vita amministrativa, ma milita ancora attivamente in Fratelli d’Italia, era salito a bordo della nave durante il naufragio rischiando la vita a sua volta ed è diventato uno degli uomini simbolo degli sforzi fatti per salvare passeggeri ed equipaggio.
Mario, qual’è la prima immagine che le ritorna alla mente quando ripensa a quei momenti?
La prima immagine? Gli occhi gonfi di lacrime dei bambini intrappolati con me in un corridoio, non urlavano, piangevano in silenzio terrorizzati. La loro paura annunciava la tragedia, l’immagine di quel terrore la porterò con me per sempre. Nel momento in cui la nave si stava inclinando eravamo circa un centinaio di persone in uno dei corridoi interni sottocoperta e abbiamo sentito il frastuono delle lamiere che si accartocciavano, è stato quello il momento in cui abbiamo capito che stavamo per affrontare un disastro, è stato il momento in cui le espressioni dei bambini sono cambiate, il dramma correva in quel corridoio e tutti si arrabbattavano per cercare una via d’uscita. La luce della luna che si rifletteva sui loro volti mi è rimasta impressa perché prima c’è stato un momento di incertezza, non capivamo esattamente cosa stesse succedendo a bordo, ma il suono terribile dello scafo che si squarciava aveva ormai fugato ogni dubbio: l’acqua stava per raggiungerci.
Secondo lei quella notte cosa ha funzionato e cosa è mancato alla macchina dei soccorsi?
Ci sono state delle cose che non hanno funzionato, l’abbiamo significato pubblicamente varie volte, sia durante le conferenze che alla protezione civile. Una su tutte è che quando la nave si è incagliata a pochi metri dalla costa, noi sull’isola non avevamo idea di cosa stesse succedendo a bordo ed è per quello che inizialmente mi trovavo sulla nave, avevo deciso di salire per chiedere all’equipaggio cosa stesse succedendo e per capire come potevamo renderci utili. Quando sono salito a bordo, invece, mi sono trovato in una situazione difficile e mi sono adoperato per salvare quante più persone possilbile. Il collegamento con il territorio in questo tipo di emergenze perciò risulta fondamentale, da parte nostra, sindaco e giunta che ringrazio insieme a tutti i paesani che si sono dati da fare, abbiamo cercato di fare il massimo per garantire l’incolumità dei naufraghi ma non sapevamo neanche quanti fossero, se stessero male, se fossero feriti. Ed è proprio questo l’elemento che ha funzionato meglio, lo dico con orgoglio, la macchina dei soccorsi che si è attivata sull’isola, coordinata dai nostri addetti della protezione civile, e che ha accolto prima i naufraghi e poi ha gestito per circa una settimana tutta la situazione prima di ricevere supporto da parte dell’allora Governo Monti.
Molti la considerano un eroe per aver fronteggiato con coraggio una situazione così difficile ed essersi impegnato nel salvataggio di molti passeggeri a suo rischio e pericolo. Quand’è che si reso conto che stava effettivamente rischiando di morire?
Sono salito a bordo per avere un collegamento con gli ufficiali, ma quando sono stato sulla nave sono rimasto per qualche attimo disorientato, non riuscivo a trovare l’equipaggio ed è stato naturale per me iniziare ad aiutare i passeggeri che erano confusi. In quei momenti non avevamo paura, non avevamo bene chiaro cosa stesse succedendo. Invece, poco prima di mezzanotte, quando la nave ha iniziato a muoversi e l’acqua ha iniziato ad arrivare quello è stato il momento in cui si è scatenato il panico. Io ho cercato di rimanere lucido, ho cercato una via di fuga e ho trovato uno spazio che portava a un corridoio esterno insieme al dottor Cinquini. Le porte, poi, si sono trasformate in coperchi di botole che si stavano riempiendo d’acqua da cui aiutavo le persone a uscire. Mi ricordo che la prima persona che ho tirato su era una ragazza bagnata fino alla vita, l’ultimo un uomo completamente zuppo.
Mario è riuscito a salvarli tutti?
Spero di sì, non posso averne la certezza. Ho fatto tutto ciò che era umanamente possibile. Abbiamo salvato tutti i passeggeri, circa 100, che erano con me nel corridoio, poi sono ritornato più volte sottocoperta per controllare se c’era qualcuno che potevo aiutare. Abbiamo chiamato con i megafoni, ho aperto delle porte che erano anche pesanti, non saprò mai cosa potevo fare di più, l’adrenalina mi ha sorretto a lungo, ma alla fine ero esausto dopo aver tirato su da quei pozzi, uno per uno, i passeggeri con l’ausilio di una sola corda.
Quali sono state le conseguenze della tragedia per il territorio e per il Paese?
Sull’isola c’è stato un problema per l’industria del turismo e l’indotto che ne deriva. Sull’isola i turisti cercano tranquillità e in quel periodo era l’unica cosa che mancava con tutto il trambusto delle persone che arrivavano da noi per seguire la vicenda Concordia. Il risultato è stato che alcune attività, particolarmente a Giglio porto, hanno guadagnato bene, mentre Giglio Castello e il Campese sono state le realtà più danneggiate soffrendo una crisi economica vera. Sul piano nazionale abbiamo partecipato a tutte le riunioni per aggiornare i protocolli di emergenza, cercando di dare il nostro contributo. Mi ricordo di un giornalista italo/inglese che mi ringraziava per quello che avevo fatto e che a me sembrava del tutto naturale, mentre lui mi spiegava che le azioni come le mie hanno dato un’immagine del popolo italiano positiva e distante da quella di chi, in quell’occasione, si era dimostrato poco all’altezza.
La comunità dell’isola, secondo lei, come vive oggi il ricordo di quella notte?
Rispetto al naufragio sull’isola c’è un prima e un dopo, certo è un evento che ha segnato la storia della nostra isola, ma oggi è rimasto in forma di racconto. Ricordiamo con affetto tutti quelli che hanno contribuito ad aiutarci in quei momenti e restano i solidi legami umani che abbiamo stretto in quel periodo e che hanno portato al Giglio nuovi figli.
Personalmente cosa le resta di questa esperienza?
Sono orgoglioso di quello che ho fatto, di quello che abbiamo fatto come amministrazione comunale e non era facile fronteggiare un’emergenza che coinvolgeva oltre mille persone in un periodo dell’anno dove sull’isola non c’è niente. In questi 12 anni ho fatto e faccio parte dell’osservatorio della Costa Concordia che seguiva i lavori di rimozione della nave e la pulizia del fondale. Ci siamo inoltre occupati in questi anni del ripristino ambientale con l’impianto di posidonia e coralligeno, un’esperienza interessante da un punto di vista scientifico su cui si dovrebbe porre forse anche maggiore attenzione perchè è stato un lavoro importante sul fronte ecologico.