GROSSETO – «La graduatoria del Sole 24 Ore sulla “qualità della vita in Italia” che colloca la provincia di Grosseto solo al settantaquattresimo posto ha avuto se non altro il merito di scuotere le coscienze. Almeno a giudicare dalle reazioni che ha suscitato». Esordisce la segretaria della Cgil, Monica Pagni.
«Eppure, il trend declinante della nostra realtà è tutt’altro che una novità. Solo per rimanere agli allarmi più recenti, appena poche settimane fa sia l’Irpet che il comitato provinciale dell’Inps hanno fornito dati allarmanti sui flussi turistici e sul livello medio di salari e pensioni, generalmente più basso di quelle della regione e d’Italia.
«Diversi gli errori compiuti. Come la scelta di puntare su uno sviluppo basato quasi esclusivamente su settori pur rilevanti come turismo e agricoltura, facendo prevalere il lavoro povero e discontinuo. O di ostacolare lo sviluppo del settore manifatturiero,che garantisce crescita economica e lavoro qualificato, con livelli retributivi più alti della media. Ma anche l’avversione al consolidamento del comparto geotermico. Questo è avvenuto in parallelo alla sottovalutazione degli allarmi sull’evidente declino demografico e sui rischi conseguenti allo spopolamento delle aree interne. Fenomeni che stanno avendo effetti devastanti sulla rete dei servizi pubblici e sulla scuola. Così come si sono persi decenni sull’opportunità o meno di realizzare un’autostrada, col risultato di trovarsi ancora oggi nelle condizioni di rivendicare il finanziamento di alcuni lotti del corridoio tirrenico».
«Non è stato sempre così. Negli anni a cavallo tra il vecchio e il nuovo millennio, infatti, grazie alle scelte coraggiose fatte con la programmazione negoziata – puntando su patto territoriale, patto verde e contratto di programma – si era riusciti praticamente ad annullare il gap storico con la parte più forte della Toscana. Un modello virtuoso basato sulla cooperazione tra i diversi livelli di governo e i corpi intermedi, che andrebbe riproposto oggi sia nel metodo concertativo sia nel merito, concentrando risorse pubbliche e private su pochi grandi progetti in grado di fare da traino per l’intero territorio. Cosa che richiederebbe mettere una volta per tutte da parte la retorica dell’autosufficienza, la contrapposizione sterile tra territorio e Regione, e l’esaltazione centripeta dei localismi e vanagloria, che hanno solo portato conseguenze nefaste».
«Il piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), da questo punto di vista, considerato il livello di risorse pubbliche ineguagliato anche rispetto a celeberrimo piano Marshall, oltre alla nuova programmazione dei fondi europei, potrebbe costituire l’occasione per riprovarci. Con un rinnovato protagonismo dei corpi intermedi coordinati dalla Provincia e dalla Camera di Commercio. Sul modello dell’esperienza di “Grosseto sì va avanti. I limiti nell’attuazione del Pnrr, però, vanno superati trovando un modo più efficiente ed equo per distribuire le ingentissime risorse”. Il meccanismo dei bandi gestiti direttamente su base comunale, così come è stato congeniato, infatti, ha finito per premiare in modo sperequato i soggetti più grandi e già strutturati allo scopo. Perché dotati di personale e strutture tecniche altamente qualificate. Ma lasciando indietro la gran parte degli enti locali di piccole e medie dimensioni, dove peraltro vive una buona parte della popolazione e risiedono molte attività produttive. Proprio il contrario dell’obiettivo di riduzione delle disuguaglianze posto alla base del Pnnr. Le aree interne, che non beneficiano di risorse straordinarie, hanno avuto molte meno opportunità di attingere a quelle risorse. Uno dei motivi per i quali, ad esempio, la Cgil ha deciso di elaborare un progetto di sviluppo condiviso fra i versanti grossetano e senese dell’Amiata, che presenteremo a breve, basato su una visione unitaria della montagna come territorio con caratteristiche sociali, economiche e infrastrutturali omogenee».
«La Cgil riparte da qui. Convinta che la collaborazione istituzionale e con le rappresentanze intermedie del mondo del lavoro e dell’impresa costituiscano la chiave di volta, per mettere a terra un ambizioso progetto che necessariamente si protrarrà nel tempo. Che a sua volta non può che poggiare saldamente su politiche salariali a partire dall’applicazione di giusti contratti, dalla lotta alla precarietà, al lavoro nero o grigio, fino all’uso distorto di strumenti corretti quali tirocini ed apprendistato. Nel rispetto dei ruoli di ognuno, mettersi insieme e dare il proprio contributo fattivo con umiltà, crediamo sia il miglior modo di mettersi a disposizione della comunità che a vario titolo rappresentiamo. La Cgil, come sempre, non farà mancare il suo contributo».