GROSSETO – “La guerra non serve a niente, non risolve nulla, crea solo dolore, odio, risentimento e prepara un’altra guerra”. Il vescovo Giovanni Roncari ha scelto la celebrazione della Messa di questa mattina, 2 novembre, al cimitero comunale di Sterpeto, dinanzi alle autorità civili e militari, per lanciare un messaggio forte in favore della pace.
Lo ha fatto nella celebrazione in cui si ricordano anche i caduti nell’adempimento del loro dovere, i militari morti sui campi di battaglia, i civili vittime di tanti episodi bellici che hanno segnato anche la nostra terra.
“Se vogliamo evitare che certi momenti risultino solo cerimonie che fanno parte della ritualità della vita – ha detto nell’omelia – bisogna portare all’altare anche noi stessi e le situazioni, i tempi, le circostanze che viviamo. E certamente le circostanze che viviamo sono molto gravi: la guerra in Ucraina, la guerra in Terra Santa e molti altri conflitti sparsi per il mondo e dei quali nessuno parla perché non fanno notizia, ci chiedono urgentemente di confrontarci con le parole di Gesù, ascoltate anche nella solennità dei santi: beati i pacifici, perché saranno chiamati figli di Dio”.
“E per capirne il profondo significato – ha proseguito Roncari – non dobbiamo staccarle dall’altra beatitudine: beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Queste beatitudini ci dicono che la pace ha un costo molto elevato, perché deve nascere dal cuore di ogni persona, da quel cuore da cui provengono anche realtà cattive, che inquinano l’uomo, come ci ricorda Gesù. Certamente servono la diplomazia, il dialogo fra le parti, tante iniziative, soprattutto l’aiuto morale e materiale a coloro che subiscono la guerra, ma tutto questo non è decisivo se non crediamo che la guerra non è mai la soluzione”.
Il vescovo ha, così, citato l’appello che Benedetto XV lanciò il 1 agosto 1917, conosciuto come “Lettera ai capi dei popoli belligeranti”. Di quell’appello è passata alla storia l’espressione con cui il Papa definì la guerra mondiale: un’inutile strage.
“Quell’espressione – ha ricordato, anche da storico della Chiesa, il vescovo Giovanni – costò al Pontefice un coro di critiche e proteste, come se il Papa non valutasse il sacrificio dei soldati o come se disprezzasse il sangue sparso per la patria. Naturalmente non era così. Quell’aggettivo, inutile, ebbe per lui un senso profondo: nonostante fosse esortato a cambiarlo, Benedetto XV volle mantenerlo, perché esprimeva un giudizio, non certo sulle persone: quello appartiene solo a Dio, il solo che può vedere in quel guazzabuglio del cuore umano, per dirla con Manzoni, che è l’interiorità. Il Papa esprimeva un giudizio più profondo e al tempo stesso più critico sulla guerra: è inutile, perché non serve a nulla, non risolve nulla; crea solo dolore, odio, risentimento e prepara un’altra guerra”.
Il vescovo ha, poi, citato l’articolo 11 della nostra Costituzione, che sancisce che l’Italia ripudi la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie.
“Ripudio – ha commentato – è una parola molto forte, che indica la scelta del nostro Paese di non volere la guerra e di volere che essa non rientri nei nostri piani di gestione della società. E perché non rimangano solo parole, noi cristiani dobbiamo accostare all’espressione beati i pacifici, l’altra: beati i perseguitati per la giustizia. Se siamo disposti ad accettare di essere perseguitati, cioè di rispondere personalmente per il bene alto della giustizia, allora beati i pacifici verrà di conseguenza”.
Nell’invito a non scoraggiarsi, ma anche a non allontanare da noi le responsabilità, il Vescovo ha lanciato un appello alla educazione delle nuove generazioni: “La pace inizia da qui – ha detto –. Oggi le baby gang, il bullismo, la violenza verbale verso i deboli, i poveri, gli anziani sono terreno favorevolissimo alla cultura della guerra. Crediamoci che l’educazione può cambiare il cuore e allora faremo davvero un’opera di pace. È una strada lunga e in salita, che non cerca l’approvazione dell’opinione pubblica, che accetta anche di essere fraintesa e derisa: siamo dei poeti, dei sognatori, degli illusi, non importa. Sappiamo che è così che si scava nel profondo, in quel profondo per cui, nel nostro Paese, è potuto crescere uno come Salvo d’Acquisto, a cui solo poche settimane fa abbiamo intitolato un cippo nella nostra città, proprio di fronte ad una scuola che porta il suo nome. Non scoraggiamoci, non rientriamo semplicemente nel nostro io, tiriamoci su le maniche e certamente costruiremo delle cose buone per noi e per i nostri figli”.
Al termine della Messa il vescovo ha raggiunto il monumento ai caduti, all’interno del cimitero, dove è stata deposta una corona d’alloro, che il Vescovo ha benedetto e incensato. Presenti il Prefetto, il Questore, il sindaco del capoluogo, la rappresentante dell’amministrazione provinciale, i rappresentanti delle forze armate, delle associazioni combattentistiche e d’arme e dei corpi volontari.