GROSSETO – Monica Pagni, segretaria della Camera del lavoro, e Claudia Rossi, responsabile del coordinamento donne Cgil Grosseto, intervengono dopo le dichiarazioni del sindaco Vivarelli Colonna sulla modifica alla legge 194.
«Come purtroppo avviene oramai con una regolarità preoccupante, il sindaco Vivarelli Colonna occupa nuovamente la scena con argomenti e modalità non proprio in linea con la sua pretesa missione di “pacificatore”.
Infatti, se è vero che il suo obiettivo prioritario sono i “compagni”, come ben documentato da lui stesso sui social (lo ricordiamo sotto sforzo in allenamento che prega dio per avere la forza per un “compagno in meno”), sicuramente l’altro obiettivo privilegiato sono le donne, di cui di volta in volta deplora e sbeffeggia l’aspetto fisico, l’appartenenza politica (l’assessorucola” Nardini) o a movimenti femministi e, in generale, le libertà.
Perfettamente in linea con una logica patriarcale tra le più retrive e violente, attacca questa volta il diritto delle donne ad autodeterminarsi in un ambito delicato e sensibile come quello della maternità consapevole.
Onestamente non ci sorprende né la misoginia, né la cinica disinvoltura della strumentalizzazione che il sindaco fa della proposta di modifica della legge 194 per attirare su di sé i riflettori. È tutto molto coerente con la sua storia.
La ferocia gratuita con cui promuove una cosa insensata e da Stato etico totalitario come far ascoltare per legge il battito cardiaco del feto a una donna intenzionata ad abortire, merita una presa di posizione netta e inequivocabile. Perché testimonia di una barbarie culturale che non può trovare alcuna giustificazione o sottovalutazione.
Suo malgrado, L’Italia e la stessa comunità grossetana che Vivarelli Colonna si trova in via transitoria ad amministrare sono molto più avanti rispetto alla subcultura misogina e antimoderna di cui fa sfoggio con certe dichiarazioni. La Legge 194 ha dimostrato tutto il proprio valore con i risultati che saputo raggiungere, eliminando la barbarie dell’aborto clandestino, diminuendo in maniera drastica il ricorso all’aborto assistito e legale e promuovendo fra le cittadine e i cittadini una pianificazione familiare consapevole basata sulla libera scelta delle donne che, forse è utile ricordare, sono perfettamente capaci di decidere in autonomia del proprio destino.
In uno Stato laico da un rappresentante delle Istituzioni ci aspetteremmo, al contrario, la preoccupazione per la reale esigibilità dei diritti sanciti dalle leggi. Diritti messi in discussione ad esempio dall’eccessiva presenza di medici obiettori nelle nostre strutture pubbliche con stipendi pagati anche dalle tasse delle lavoratrici di questo Paese».