GROSSETO – Sono gli smartphone e a seguire i Pc, e in generale i prodotti multimediali, i grandi protagonisti del cambiamento delle abitudini negli acquisti che hanno caratterizzato le famiglie italiane negli ultimi trent’anni.
Secondo una nuova analisi dell’Ufficio Studi di Confcommercio, dal 1995 al 2023 la spesa pro capite per i computer e i prodotti affini è aumentata del 786%, ma il vero “boom” riguarda proprio il settore dei cellulari con un incremento di spesa “clamoroso” che dal 2007 è passato da +696,7% a + 5.339%.
In forte crescita, all’interno del comparto del tempo libero, anche i servizi ricreativi e culturali (+93%); in calo i pasti in casa (-11,2%), mobili ed elettrodomestici (-5,1%) e il consumo di elettricità e gas (-12,2%), anche in virtù della riduzione degli sprechi e delle politiche di risparmio energetico; per quanto riguarda i consumi complessivi, nel 2022 – con 20.810 euro pro capite – la spesa delle famiglie è ancora inferiore ai livelli del 2019 (20.914 euro) e nel 2024 non saranno recuperati i livelli di picco del 2007 (21.365 euro contro i 21.569 euro).
Secondo Confcommercio, il 2023 si può definire come “l’anno del ritorno alla normalità” grazie soprattutto al consistente contributo della filiera turistica che, rispetto all’anno scorso, registra aumenti consistenti a livello nazionale per viaggi, vacanze e alberghi (+23,6%), servizi ricreativi e culturali (+9,7%), bar e ristoranti (+8%).
“In attesa della ripresa della manifattura esportatrice – commentano da Confcommercio Grosseto -, sono questi i pilastri del terziario di mercato da cui può derivare una maggiore crescita economica auspicabilmente sostenuta anche da riforme e investimenti del Pnrr”.
“Tirando le somme, però, al di là della tecnologia, resta poco altro in termini di crescite spettacolari – concludono dall’associazione grossetana -. E non potrebbe essere diversamente, vista la complessiva stagnazione dei consumi nel lungo periodo di cui siamo ben consapevoli. Fenomeno, questo, testimoniato, per esempio, purtroppo, dalla dinamica di abbigliamento e calzature, una volta categoria centrale nella spesa degli italiani e oggi ancora ai livelli di quasi trent’anni fa. È ciò che succede nel nostro Paese, così come nella nostra realtà di provincia”.