Tassare gli extraprofitti delle banche: eccola l’idea approvata dal Consiglio dei ministri con il varo del decreto Omnibus il 7 agosto scorso. Un’imposta straordinaria su una parte dei guadagni messi a bilancio dagli istituti italiani di credito nell’ultimo biennio. Una mossa voluta con forza dalla premier Giorgia Meloni. Parliamo, tanto per capirci, della differenza tra quanto le banche hanno richiesto di interessi per erogare mutui e prestiti e quanti interessi hanno invece riconosciuto ai loro clienti che depositavano denari. Di solito, lo squilibrio è enorme. E con le scelte della Banca centrale europea che negli ultimi due anni ha deciso di alzare i tassi, questo divario è cresciuto esponenzialmente: le banche sono state fulminee nell’adeguare i tassi richiesti. Molto, molto meno nell’alzare quelli erogati. E questo gli è valso un mare di quattrini. Soldi che, secondo il governo Meloni, non avrebbero dovuto incassare. Insomma profitti ingiusti e da tassare nella misura del 40 per cento, sempre a parere del governo.
I diversi miliardi di euro recuperati saranno destinati a famiglie e imprese in difficoltà, soprattutto per mutui prima casa e taglio delle tasse. Scelta sostenuta anche dalla Lega di Matteo Salvini e Giancarlo Giorgetti.
Il provvedimento ha portato qualche mal di pancia tra alcuni esponenti di Forza Italia e nel passaggio in Parlamento potrebbe dunque arrivare un lieve correttivo. Come riportato il 15 agosto da Skytg24, per Antonio Tajani «Serve tutelare le piccole banche, escludendole dalla tassa, perché sono le banche del territorio, le più vicine ai risparmiatori e perché, per come è oggi la norma, finirebbero per pagare in proporzione più dei colossi bancari stranieri».
Tra le opposizioni critiche da Azione, Più Europa e Italia Viva. Il timore è che vengano da un lato ignorati princìpi cardine dell’economia liberale (humus valoriale che è alla base di tutte e tre le formazioni partitiche in questione) e dall’altro che possa avvenire una fuga di capitali, o che gli istituti bancari possano scaricare sui correntisti il peso della tassa subita, magari rivedendo al rialzo i costi per commissioni o servizi.
Matteo Renzi, leader di Italia Viva, indica come questo provvedimento «Non porta a un euro, perché costa allo Stato, anche solo in termini di capitalizzazione, più di quello che incassa». Sostanzialmente in linea con la scelta del governo, invece, il Partito democratico di Elly Schlein. L’imposta straordinaria sugli extraprofitti si aggiudica anche il benestare del Movimento 5 stelle, che chiede misure analoghe sul settore assicurativo, farmaceutico e degli armamenti.
Questo il quadro generale. E voi, siete favorevoli o contrari alla tassa una tantum sugli extraprofitti delle banche? Noi lo abbiamo chiesto a Fabrizio Rossi, coordinatore regionale toscano e deputato di Fratelli d’Italia; Stefano Scaramelli, presidente di Italia Viva in Regione Toscana. Buona lettura.
L’INTERVENTO DI FABRIZIO ROSSI:
«La scelta di tassare gli extraprofitti delle banche è corretta, la sostengo con convinzione. L’obiettivo è sanare un’evidente iniquità. Non c’è alcun intento punitivo, questo dev’essere chiaro a tutti. Semplicemente non è tollerabile che le banche in quest’ultimo biennio abbiano aumentato così tanto gli interessi su mutui e prestiti, ma non quelli sui depositi, a favore dei risparmiatori. Sono tante le famiglie e le imprese in difficoltà ed è necessario che gli istituti di credito si comportino in modo corretto.
Mi spiego meglio: la situazione economica e finanziaria è molto difficile. Milioni di persone e altrettante imprese sono in difficoltà. La Banca centrale europea ha deciso di alzare i tassi d’interesse, una scelta a nostro parere discutibile e che ha portato una serie di aumenti e una contrazione dell’economia generale. Di riflesso, le banche hanno allineato al rialzo i tassi previsti per mutui e prestiti. Il governo guidato da Giorgia Meloni ha dunque deciso d’intervenire con un’imposta straordinaria del 40 per cento sulla differenza ingiusta del margine d’interesse, ovvero sulla differenza tra l’ammontare degli interessi attivi e passivi delle banche. Insomma, da un lato c’è quanto le banche ti applicano di interesse per prestarti i soldi e dall’altro quanto ti riconoscono quando sei tu a depositare i soldi da loro. Gli interessi che la banca chiede a un cittadino qualsiasi per accendere un mutuo o prendere un prestito sono molto alti e legati alle oscillazioni della Bce, quelli che invece lo stesso istituto riconosce al cittadino che deposita denari sono molto bassi: ecco, questa differenza così marcata non è digeribile. Non si tratta quindi di un’azione illiberale, come qualcuno va dicendo, bensì di giustizia.
Tra l’altro, le risorse incassate dallo Stato con questa misura saranno destinate a finanziare provvedimenti per famiglie e imprese che soffrono la congiuntura economica. In tutta coscienza, penso quindi che il provvedimento avanzato dal governo di centrodestra sia non solo giusto, ma anche doveroso».
L’INTERVENTO DI STEFANO SCARAMELLI:
«La tassa sugli extraprofitti delle banche è una misura illiberale, illegittima. È corretto provare ad aiutare famiglie e imprese che sono in difficoltà con mutui a tasso variabile, così come sarebbe auspicabile una concorrenza leale tra banche. Ma la forza di imposizione sovranista del governo Meloni, a colpi di decreti da ombrellone, rischia invece di diventare un boomerang per l’intero sistema economico italiano. Un sistema percepito oggi a livello internazionale come vulnerabile. Le ricadute nel lungo periodo potrebbero essere onerose.
Il rischio che a pagare la nuova tassa non siano le banche diventa concreto. Dato il livello non elevato di concorrenza tra gli istituti italiani è più che plausibile che questi scaricheranno sui clienti il costo della tassa sugli extraprofitti attraverso magari l’aumento dei vari servizi erogati. La decisione di prevedere la tassazione dei cosiddetti extraprofitti ha fatto registrare reazioni improvvise e preoccupanti in Borsa e la conseguente fuga di capitali internazionali.
Le tassazioni sugli extraprofitti, premesso che siano legittime, si possono prevedere al verificarsi di eventi straordinari, quali il caro energia determinato da una guerra, ma realizzarle in condizioni di libero mercato rischia di falsare le regole certe del mercato stesso. Con questo decreto l’Italia stabilisce un precedente pericoloso. Si rende plausibile il fatto che il governo possa imporre una tassazione differenziata su extraprofitti a qualunque attività, il tutto a sua mera discrezione. Le ricadute negative di questa nuova potenziale tassa rischiano di essere peggiori degli effetti magnifici che in una logica populista si sono paventati. Le aziende che fanno utili e creano posti di lavoro da oggi avranno paura del possibile intervento dello Stato esattore a loro danno. Qual è il criterio che stabilisce quando il profitto è lecito o quando non lo è? A quali e quanti altri settori si può applicare questa tassa dell’extraprofitto? Può la manina del singolo Stato modificare dalla sera alla mattina le regole del gioco del libero mercato europeo?».