GROSSETO – “Per salvare il servizio sanitario nazionale serve il coraggio di attuare soluzioni strutturali e coraggiose”. Nicola Draoli, presidente dell’Ordine delle professioni infermieristiche della provincia di Grosseto, esprime preoccupazione per il futuro e propone strade da seguire per risolvere il problema.
“Da anni il servizio sanitario nazionale è definanziato: dal 2010 al 2020 le risorse sono scese di 37 miliardi di euro – spiega -. La spesa per la sanità pubblica arriverà nel 2025 sotto il 6% del Pil: per molti analisti sotto la soglia della sostenibilità. Per tornare in linea con la media europea, secondo il rapporto del Crea Sanità, occorrono 55 miliardi di euro in più, in cinque anni. Intanto, i bisogni sono aumentati, anche in considerazione del fatto che si vive di più e ci sono, quindi, più patologie croniche da tenere sotto controllo e che facciamo ricorso a tecnologia sempre più costosa. In sostanza la sanità costa di più ma vi si investe meno”.
“A questo si aggiunge la carenza endemica di professionisti, che andrà ad aumentare se consideriamo l’inverno demografico che stiamo vivendo – prosegue Draoli -. La soluzione non è il mercanteggiare professionisti stranieri per altro ancora in deroga ai percorsi di riconoscimento più rigidi pre pandemia. Negli ultimi tre anni, secondo l’Ocse, Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, abbiamo avuto 40mila fughe di professionisti sanitari all’estero e dovremmo prima cercare di favorire la loro permanenza in Italia. Il rapporto Crea Sanità del 2023 mostra un’Italia divisa drammaticamente in due (nord/sud) su appropriatezza, equità, sociale, innovazione, esiti, e dimensione economico-finanziaria con la Toscana che ancora si colloca nelle prime posizioni. Dove le performance regionali sono peggiori, per altro, è maggiore la carenza di infermieri. Anche se la Toscana è una delle poche regioni a bandire incessantemente concorsi anche per infermieri questi non funzionano più come in passato”.
“Per recuperare la situazione – continua Draoli – dobbiamo promuovere una riforma del pubblico impiego che superi la logica concorsuale e in cui le Aziende possano reclutare in modo ‘mirato’. Oggi, nonostante gli sforzi, assistiamo a migrazioni veloci e rinunce a tempi indeterminati di giovani infermieri che, semplicemente, non lavorano dove vorrebbero e alla prima occasione fuggono. Altri sono invece interessati a lavorare in una determinata area geografica ma per molti motivi si trovano assunti da tutt’altra parte. Il secondo tema è investire sulle competenze di tutti i professionisti. Gli infermieri, in corsia e sul territorio, devono avere competenze più avanzate e specialistiche riconosciute, anche economicamente, in modo differente. Alcune prestazioni lasciate libere possono essere svolte da operatori socio sanitari, che devono però anche loro avere competenze diverse. Le prestazioni lasciate ulteriormente libere, a questo punto quelle più semplici di comfort domestico alberghiero, devono essere affidate a ulteriori figure a minor qualificazione. Anzi, nel nostro contesto, cominciano a mancare proprio molti Oss e altro personale di supporto che di certo non aiuta l’organizzazione del lavoro”.
“Del resto, questo è un modello professionale proprio di quei paesi esteri in cui fuggono i nostri professionisti. Questo perché i professionisti non ci sono e non ci saranno in numero adeguato e in tempi rapidi. Invocare, oggi, professionisti che non ci sono è un grido disperato che ci riguarda in prima persona ma che non risolve il problema”.
“L’unica vera sfida – conclude Opi – è modificare i parametri professionali di tutti, riconoscere corrispettivi economici differenziati in virtù delle specializzazioni, cambiare i modelli organizzativi con coraggio e chiederci se è possibile sostituire le funzioni di un professionista mancante con un altro professionista ma con un diverso livello di specializzazione. In una logica di coperta ormai cortissima le risorse che devono essere spostate richiedono non un rimpiazzo di risorse identiche (perché non ci sono!) ma di risorse ‘differenti’, uscendo dagli schemi del passato e immaginando una platea di professionisti con competenze diverse”.