La digitalizzazione della Pubblica Amministrazione, attraverso l’adozione di tecnologie e procedure più moderne ed efficienti, è uno dei grandi obiettivi inclusi nel PNRR; nello specifico, i fondi europei saranno destinati a finanziare strategie e iniziative previste dal piano “Italia digitale 2026”, che si articola in sette diversi ambiti di investimento. Le risorse erogate con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza rappresentano certamente una grande opportunità ma, al contempo, il processo di ottimizzazione dei servizi delle PA nasconde insidie e criticità notevoli, dal momento che l’aggiornamento tecnologico dovrebbe correre di pari passo con quello normativo e procedurale.
Ad oggi, infatti, il comparto della Pubblica Amministrazione appare oberato da una farraginosa burocrazia: secondo un sondaggio ANSA di Eurobarometro, gli italiani ritengono che la PA sia troppo lenta e vorrebbero un sistema amministrativo più veloce, con profili in possesso di maggiori competenze. I motivi delle difficoltà degli enti amministrativi, sia centrali che locali, sono diversi; da un lato, pesa certamente la scarsa penetrazione delle tecnologie e degli applicativi digitali in uso presso gli uffici pubblici. Il ritardo nell’aggiornamento tecnologico, come sottolinea l’approfondimento dell’ANSA, è dovuto ad anni di austerità, al blocco del ricambio di organico ed ai tagli alla spesa pubblica.
In aggiunta, vi è una certa impreparazione anche da parte dei cittadini, ancora poco avvezzi all’utilizzo dei servizi digitali già disponibili come, ad esempio, quelli offerti da un portale specializzato come Ivisura. Lo certifica anche l’indice dei servizi pubblici del DESI (Digital Economy and Society Index), secondo il quale l’Italia si colloca al 19° posto sui 27 stati membri dell’Unione Europea.
Come procede lo sviluppo dei servizi pubblici digitali in Italia
I dati DESI relativi al 2022 fotografano una situazione non troppo florida; all’interno del contesto europeo, l’Italia appare indietro su tutti i fronti della digitalizzazione dei servizi pubblici, con la sola eccezione degli open data: nel nostro paese raggiungono il 92% mentre nel resto dell’Unione Europea il dato si ferma all’81%.
Per quanto riguarda gli utenti e-government, l’Italia è molto indietro rispetto all’UE (-24%); lo stesso dicasi per i moduli precompilati (su una scala di punteggio da 0 a 100) con un -16%. Sotto media anche il punteggio raccolto dai servizi pubblici digitali per i cittadini (-8%) mentre vanno leggermente meglio quelli per le imprese (-3%). Nel complesso, il punteggio DESI dell’Italia supera di poco il 58%, facendo registrare un saldo negativo (-8,8%) rispetto al resto dell’UE.
Il gap ‘digitale’ che divide l’Italia dall’Europa è però in diminuzione, come ha sottolineato Andrea Mancini della direzione generale Politiche regionali della Commissione europea, nel corso di un webinar organizzato dalla Scuola Superiore S. Anna. “Negli ultimi anni ci sono stati costanti progressi”, ha spiegato, aggiungendo che “anche il livello di utilizzo dei servizi digitali da parte dei cittadini è in aumento”.
Certo, gli obiettivi fissati dal PNRR al 2030 sono molto ambiziosi, in quanto prevedono il 100% di accessibilità online dei servizi pubblici e delle cartelle cliniche, nonché l’80% della popolazione in possesso dell’identità digitale. In base alla normativa UE, almeno il 20% dei fondi complessivi stanziati per l’attuazione del PNRR devono essere destinati alla transizione digitale; l’Italia ha programmato di investire di più (un quarto delle risorse) e, come si può verificare tramite il sito istituzionale del Dipartimento per la trasformazione digitale, oltre sei miliardi di euro saranno stanziati per implementare concretamente la sola digitalizzazione della PA: 900 milioni per le infrastrutture digitali, 1 miliardo per l’abilitazione e la facilitazione della migrazione al cloud, 650 milioni per Dati e interoperabilità, oltre 2 miliardi per Servizi digitali e cittadinanza digitale, 620 milioni per la Cybersecurity, 610 milioni per la Digitalizzazione delle grandi amministrazioni centrali e 200 milioni per lo sviluppo delle competenze digitali di base.