Via il Reddito di cittadinanza, arrivano l’Assegno d’inclusione e il Supporto alla formazione e al lavoro. Istituito nel 2019 per volontà del Movimento 5 stelle, il Rdc nasce come misura di contrasto alla povertà e all’emarginazione sociale. Prevede l’erogazione di denaro a un’ampia platea di cittadini, sino al momento, se possibile, del loro ingresso nel mondo del lavoro.
Dal 2019 a oggi il Rdc è costato circa 30 miliardi di euro. Ed è proprio questo il primo punto di domanda: è sostenibile nel lungo periodo?
Tra 2019 e 2023 parliamo in media di 540 euro erogati a un milione e 148mila nuclei familiari. Il secondo punto interrogativo è di natura ideale: è giusto investire un flusso così importante di denaro in politiche assistenziali anziché nel taglio delle tasse o nella riduzione del cuneo fiscale, dunque in stipendi più alti?
Nel 2019, in virtù del contratto di governo con il M5s, il provvedimento venne avallato dalla Lega, seppur obtorto collo e tra mille malumori interni (al pari di quel che fecero i grillini con i decreti sicurezza di Matteo Salvini). Pd, Forza Italia e Fratelli d’Italia votarono contro.
Oggi i dem hanno stravolto la propria posizione, la segretaria Elly Schlein difende il Rdc e ne contesta il fermo: “Meloni fa la guerra ai poveri”.
Il dopo Rdc prevede due misure che, visti i maggiori vincoli imposti, andranno a ridurre l’esborso statale. Fondamentale sarà il funzionamento delle politiche per l’inserimento al lavoro con il superamento definitivo dell’era dei navigator.
– Dal Primo settembre via al Supporto alla formazione e al lavoro, un’integrazione di 350 euro mensili per un anno. Soldi che si ricevono, appunto, mentre si frequentano corsi di formazione, qualificazione o riqualificazione professionale. Potranno giovarne gli ex percettori di Rdc ritenuti “attivabili al lavoro”, dunque coloro i quali hanno un’età compresa tra i 18 e i 59 anni con un Isee inferiore ai 6mila euro. Indispensabile l’aver dato immediata disponibilità al lavoro dimostrando di essersi rivolti ad almeno tre Agenzie per il lavoro o enti autorizzati all’attività d’intermediazione.
– Il Primo gennaio 2024 parte l’Assegno d’inclusione. Riguarda famiglie con minori, disabili, over 60, persone affidate già ai servizi sociali. Erogato per 18 mesi e rinnovabile per altri 12, l’assegno prevede l’integrazione del reddito familiare fino a 6mila euro annui. Euro che salgono a 7mila 560 nel caso di nuclei composti da persone di età pari o superiore a 67 anni, da persone con disabilità grave o non autosufficienti. A tali somme può essere aggiunto un contributo per l’affitto di 3mila 360 euro all’anno.
Previsto anche il coinvolgimento delle imprese: incentivi alle assunzioni con esonero dal versamento dei contributi per un anno e altre forme di sgravio.
Considerati i risultati, i costi e le alternative messe in campo, è stato giusto abolire il Reddito di cittadinanza?
Noi lo abbiamo chiesto a Luca Agresti, big di Forza Italia in Toscana e assessore a Grosseto; Irene Galletti, presidente del Movimento 5 stelle in Regione. Buona lettura.
LUCA AGRESTI
«Abolire il Reddito di cittadinanza è stata una decisione corretta e vi spiego perché. Il ruolo degli ammortizzatori sociali è prezioso. Lo è a maggior ragione in un momento storico come questo, con il caro prezzi e la necessità di sostenere la ripresa economica. Ma non può essere preminente rispetto ad altre scelte. Lo dico subito: chi è in difficoltà deve essere e sarà sempre aiutato. In linea generale, però, la via maestra è un’altra: sostenere le politiche per il lavoro. È indispensabile, insomma, mettere in campo tutti quei presupposti utili alle imprese affinché possano creare occupazione. E, dall’altro lato, insistere nell’abbattimento del costo del lavoro, dunque ottenere buste paga più alte.
L’idea del Rdc, bandiera ideologica del grillismo, non ci ha mai convinto. “Abbiamo abolito la povertà” gongolavano i big 5 stelle qualche anno fa: nulla di più illusorio. Nulla di più demagogico e raccatta voti.
Sì, perché la povertà non si abolisce distribuendo soldi a milioni di persone senza, di fatto, chiedere nulla in cambio. Questo significa semplicemente costruire una stortura che falsa il mercato del lavoro. Con l’introduzione del Rdc sono iniziate le truffe, ma soprattutto sono fioccate le rinunce a offerte di lavoro: era più vantaggioso prendere i soldi e stare a casa, magari aggiustandosi con un lavoro in nero, piuttosto che andare a faticare in un’azienda per vedersi riconosciuti quattro o cinquecento euro in più ogni mese. La misura del Rdc prevedeva un articolato sistema con i cosiddetti navigator parte attiva e fondamentale nella ricerca e somministrazione del lavoro ai cittadini che ne avevano bisogno. Ebbene mi e vi domando che fine abbiano fatto questi navigator, cosa hanno prodotto e quanto hanno inciso. Mi risulta abbiano risolto poco, pochissimo. Perché il sistema stesso era sbagliato e loro erano un ingranaggio di una macchina destinata a non funzionare. Il Rdc è divenuto quindi fin da subito uno strumento tampone. Ma il nostro Paese, così come qualunque altra nazione del mondo, non può vivere di puro assistenzialismo. Non sarebbe sostenibile. E, lasciatemelo dire, neppure etico. Donne e uomini hanno il diritto di avere un lavoro e sentirsi realizzati.
Lo Stato deve limitarsi a non imbrigliare le imprese con un eccesso di burocrazia e leggi o leggine spesso farraginose. Sempre lo Stato, ripeto, non deve soffocare le imprese e i lavoratori con una tassazione eccessiva: l’oppressione fiscale, in ogni tempo e in ogni luogo del mondo, non ha mai portato ricchezza e benessere, anzi.
Credo, in conclusione, che l’approccio non debba essere ideologico, bensì basato sui fatti. L’economia deve potersi sviluppare. Il Rdc non andava in quella direzione, è stato quindi giusto abolirlo. Ovviamente, nessuno toglierà mai le politiche sociali, quelle di sostegno ai bisognosi. La favola della sinistra che aiuta gli ultimi e si batte contro il centrodestra cattivo non regge più: lo si riscontra a ogni tornata elettorale. Il tutto con buona pace di chi pur di raggranellare consenso è pronto a varare misure insostenibili per le casse dello Stato».
IRENE GALLETTI
«Ricordiamo tutti molto bene le promesse di Giorgia Meloni: dai mille euro con un click, per arrivare al gennaio di quest’anno, quando è stato annunciato un nuovo decreto per le politiche attive del lavoro di cui non si è più saputo niente. Oggi invece siamo alla cancellazione brutale di una misura di dignità che ha permesso a centinaia di migliaia di italiani di sopravvivere durante la pandemia e anche dopo. Dall’ultimo report dell’ufficio parlamentare di bilancio scopriamo che 100mila famiglie prive di protezione hanno anche all’interno minori, anziani e disabili: è un dato scioccante che sottolinea la crudeltà di questa guerra contro i poveri.
Se misuriamo solo il dato toscano, sono 23mila gli sms inviati ai percettori del Rdc, per un totale quasi 26mila persone: questi numeri già da sé rendono chiara la portata del dramma sociale che sta per abbattersi non solo sulle regioni del Sud – storicamente additate in modo vergognoso come più popolate di “divanisti”, definizione orribile e classista degna del peggior capitalismo – , ma anche sulla Toscana, dove le fragilità sociali sono state amplificate dal Covid prima e dalle speculazioni che hanno contribuito al caro vita oggi.
Che altra definizione si può dare a una simile rappresentazione se non di scempio sociale? Il governo infatti sta di fatto lasciando sindaci, assistenti sociali, centri per l’impiego e funzionari dell’Inps esposti a un crollo di cui possono vantarsi di essere gli unici responsabili, spaccando consapevolmente il Paese e strappando ulteriormente un tessuto sociale fatto di fragilità, che con i governi Conte I e II stavamo faticosamente ricucendo dopo anni di disinteresse da parte della politica.
Il Movimento 5 Stelle si è sempre battuto per l’equità sociale, per la redistribuzione delle risorse, per il salario minimo garantito per legge, per un fisco giusto e progressivo che qualche ministro ha recentemente definito pizzo di Stato.
Il Governo Meloni invece rifugge l’idea di una tassa patrimoniale per finanziare un doveroso riequilibrio sociale, sostiene un’iniqua flat tax e sanatorie fiscali a evasori che hanno sottratto miliardi di euro alle casse pubbliche per anni. Addirittura negli stessi giorni in cui fa cadere la scure sulle poche centinaia di euro che garantivano la sopravvivenza a una platea di persone inabili al lavoro per disabilità e alle loro famiglie, compresi minori e anziani, illudendoli di sostituire il Rdc con la carta Dedicata a te, il Governo annuncia investimenti per il prossimo triennio per l’acquisto di tank tedeschi Leopard per una cifra sconvolgente che va dai 4 ai 6 miliardi di euro. Tutto in ossequio alla Nato che chiede un rafforzamento del potenziale bellico degli stati membri.
Questo spaccato, che è solo una parte del dramma sociale che si sta materializzando, ci vedrà impegnati come Movimento 5 stelle in un’opposizione continua e martellante, in nome di tutti coloro che assistono impotenti alla distruzione dello Stato sociale e delle loro esistenze».