GROSSETO – «Quello che sta succedendo col reddito di cittadinanza in questi giorni di fine luglio è indegno di un Paese civile, e chiarisce una volta per tutte due cose: l’incapacità del governo di programmare e gestire anche gli atti di cui rivendica la paternità, e la matrice culturale della “riforma” del Rdc ispirata alla colpevolizzazione della condizione di povertà». Così Monica Pagni, segretaria della Camera del lavoro della Cgil, si scaglia contro gli ultimi provvedimenti del governo.
«Allo scadere del settimo mese di quest’anno – continua – in assenza in un componente minore, disabile o over60 all’interno del nucleo, l’unica condizione per continuare a percepire il Rdc fino a dicembre è l’essere stati presi in carico dai servizi sociali. Anche a Grosseto, come nel resto d’Italia, partirà l’assalto alla diligenza dei servizi sociali del Coeso, sui quali gli sms inviati dall’Inps alle famiglie che hanno perso il diritto al contributo stanno scaricando i problemi. Tenuto conto dei ritardi (vedi in seguito) negli adempimenti previsti dallo stesso governo, e del sovraccarico di lavoro del personale del servizio sociale, che grazie al tempismo dell’esecutivo sarà preso d’assalto a partire da agosto, chiediamo almeno al Governo l’esercizio del buonsenso, con il rinvio dei termini per la sospensione del beneficio del Rdc».
Dopo la conversione in legge del decreto 48/2023, infatti, è stata introdotta la clausola che per le categorie di persone escluse, il Rdc possa essere riattivato (col riconoscimento delle mensilità pregresse), se i beneficiari siano stati presi in carico dai servizi sociali, e si sia proceduto a inviarne comunicazione all’Inps entro il 31 ottobre 2023.
«Il governo Meloni ha deciso di privare del sostegno al reddito come misura di contrasto alla povertà molti beneficiari del Rdc in ragione della composizione del loro nucleo familiare, e non della loro condizione di bisogno. Cioè a dire, secondo le stime dell’Ufficio parlamentare di bilancio, 823.000 persone. Infine, la grande “truffa” del cosiddetto “Sistema Informativo per l’inclusione sociale e lavorativa (Sisl). La “riforma” prevedeva l’istituzione del Sisl ad opera dell’Inps, con l’obiettivo di favorire per i cosiddetti occupabili l’attivazione dei percorsi personalizzati per la formazione e l’inserimento lavorativo, consentendo l’interoperabilità con tutte le piattaforme digitali dei soggetti accreditati al sistema sociale e del lavoro. I decreti ministeriali, cui si rimanda per la piena attivazione della piattaforma, però, non sono ancora stati emanati nonostante sia trascorso il vincolo temporale di 45 giorni indicato nel decreto».
«Fra l’altro – conclude Pagni – il principio punitivo e colpevolizzante della condizione di povertà è tale, per cui il beneficiario è messo nelle condizioni di dover accettare anche un lavoro di breve durata e molto lontano dal domicilio (ad esempio a tempo determinato part-time di tre mesi a 70 chilometri) o a doversi trasferire ovunque se a tempo indeterminato (a meno che non vi siano minori di 14 anni), a prescindere dal costo diretto e indiretto del trasferimento».